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Mi inserisco nell’interessante dibattito, ospitato da Formiche.net,  sul possibile referendum sul Fiscal Compact. Anzitutto è necessaria una distinzione. Referendum contro l’Euro o contro l’austerità?

E’ del tutto evidente che se l’austerità è dannosa, le sorti dell’euro, a mio avviso,  sono da riscrivere completamente in una logica meno mercatistica e più sociale.

Questa distinzione è doverosa poiché lo scorso venerdì 10 gennaio in un interessante seminario organizzato dai I Viaggiatori in Movimento si è discusso della possibilità di sottoporlo ad iniziativa refenderaria

Posta l’irrealizzabilità del Fiscal Compact (forse lo si capirà tra dieci anni attraverso qualche sentenza che ne sancisca l’incostituzionalità) rimane il tentativo di fronteggiare questa assurda invenzione con strumenti che possano impattare direttamente sull’opinione pubblica,

Partiamo da un dato. L’austerità ha fallito e conduce al fallimento. Alimenta le tensioni e la frattura sociale. E allora? Serve altro? A cosa serve una cura da cavallo se il paziente non risponde alle cure? Anche perché la stessa società è decisamente all’oscuro su quanto accade nelle leggi “rinforzate” che la indeboliscono notevolmente.

Si è voluto dare un’impronta alla tedesca  per risolvere problemi che andavano invece risolti attraverso quella “difesa del Welfare State” che ci riporta alla memoria reale l’impegno di Federico Caffè la cui voce, nel centenario dalla nascita, è più attuale che mai L’insistere su una politica economica che non escluda, tra gli strumenti da essa utilizzabili, i controlli condizionatori delle scelte individuali; che consideri irrinunciabili gli obiettivi di egualitarismo e di assistenza che si riassumono abitualmente nell’espressione dello Stato garante del benessere sociale; che affidi all’intervento pubblico una funzione fondamentale nella condotta economica; può dare l’impressione di qualcosa di datato e di una inclinazione al ripetitivo e al predicatorio, tollerabile per sopportazione più che per convincimento.

Ora, se leggiamo queste parole avendo ben presente il disastro che si sta compiendo giorno dopo giorno possiamo renderci conto (o meglio rendere conto a chi non vuol capire…) che quella alla quale stiamo assistendo inermi è la distruzione dello stato sociale che sta mortificando “le attese della povera gente” ma anche i sentimenti di speranza per il futuro.

L’uccisione dell’economia reale ha resettato tutte le convinzioni che non basta “diminuire il numero degli zeri” ma affrontare con spirito realmente europeo questa crisi che è anzitutto crisi di programmazione e coscienza di un mondo votato agli eccessi con rubinetti aperti da tutte le parti e che nessuno riesce a chiudere perché manca l’esperto idraulico che possiede la chiave per accedere alla regolazione dell’acqua. Troppi paradossi governano l’economia e in particolare quella europea è piena ci contraddizioni.

Per quanto sopra, come non considerare la percorribilità del referendum se non altro per scuotere l’opinione pubblica e metterla al corrente di quanto sta accadendo e potrebbe ancora accadere.

Sul punto si condivide la tesi del Prof.  Giulio Salerno docente di Istituzioni di diritto pubblico presso l’Università di Macerata orientata alla legittimità della consultazione abrogativa.

Il giurista sostiene –  come riportato da un recente articolo su questa rivista –  che  la normativa di applicazione del pareggio di bilancio non ha richiesto nella propria genesi e approvazione, l’intervento e il coinvolgimento determinante di realtà esterne al Parlamento. Pur essendo stata votata con la maggioranza assoluta dei membri delle Camere non può essere ritenuta “rinforzata e organica”. Non tutte le sue parti sono costituzionalmente vincolate. È possibile abrogare i punti che non incidono direttamente sulla definizione del bilancio dello Stato.

Tranne il riferimento ai parametri giuridici europei, la legge non fa nessun cenno al Trattato internazionale istitutivo del Fiscal Compact, che per sua natura non riguarda l’Ue bensì gli Stati che hanno aderito alla valuta unica. A parere del costituzionalista vengono quindi meno tutti i divieti per l’iniziativa referendaria. Che potrebbe prefigurare uno scopo semplice e di grande presa nell’opinione pubblica: “Restituire al Parlamento la facoltà di decidere gli spazi di scostamento dai vincoli di bilancio comunitari”.

Peraltro, proprio oggi la Camera discuterà una mozione (primo firmatario Giulio Marcon) nella quale si sollecita tra le altre cose a sostenere la radicale modifica del trattato sulla convergenza dei bilanci, il cosiddetto «Fiscal compact», una delle cause della recessione, concordando con i partner europei misure sostanziali a favore dello sviluppo sostenibile, a partire da una europeizzazione non parziale del debito sovrano almeno per la quota che supera il 60% del Pil, secondo le proposte avanzate da diversi economisti anche italiani; chiedere nell’immediato lo slittamento della scadenza per il raggiungimento del pareggio di bilancio in termini strutturali e per l’avvio della riduzione dello stock del debito e/o l’esclusione di alcune spese per investimenti dai saldi del Patto di stabilità.

Sicuramente una mozione significativa per impegnare il Parlamento ad azioni concrete per recuperare sovranità e libertà di azione.

Non bisogna perdere altro tempo altrimenti si dovrà convenire con Giorgio Ruffolo quando afferma che:  “Un giorno si dovrà fare il bilancio di quanto è costato alla comunità mondiale questo capitalismo finanziario che ha generato questa plutocrazia irresponsabile”

 

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