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I livelli di difficoltà/opportunità strategica per l’Italia sono due. Cerchiamo di avanzare analisi e proposte che possono essere usate da qualsivoglia governo.

Il primo livello riguarda l’Italia sistema nazionale e la nazione

Il quadro di stabilità politica consociativa durato dal 1948 al 1992 non esiste più, sia a causa della consunzione intrinseca delle forze che lo sostenevano sia per fattori esogeni, tanto dovuti al progresso dell’integrazione europea tanto al mutamento del quadro geopolitico mondiale. Il passato ventennio ha ulteriormente indebolito, erodendone le radici, le possibilità di costruire un sistema nazionale coerente e un modello di gestione del potere di governo stabile. La traslazione culturale delle diverse famiglie politiche in raggruppamenti di convenienza ha proposto l’opportunistica adesione a principi spesso incoerenti sia sul piano ideale sia su quello pratico e applicativo. Nel 2013, il risultato è la confusione sia simbolica sia culturale della politica italiana. Inoltre, in forza dei provvedimenti adottati a livello europeo (2008-2012) la rilevanza dei governi nazionali è stata declassata a semplici amministratori di un sistema (europeo e globale) le cui leve del potere sono concentrate in oligarchie tecnocratiche indipendenti da qualsiasi livello di controllo democratico. Ciò che conta ormai è, come infatti ci ripetono ossessivamente, la ‘stabilità’ amministrativa dei sistemi nazionali che è l’unico viatico per eventualmente dare peso alla partecipazione cooptata nelle centrali oligarchiche di potere. Questo spiega la ricerca della ‘stabilità’ con la necessaria omologazione amalgama delle forze politiche attorno a coalizioni compatibili con l’esercizio del ruolo di amministratori e, d’altra parte, la scomposizione dell’opposizione in gruppuscoli di protesta e populismi di varia tendenza estremistica.

Finché esisterà il quadro di riferimento sopra descritto è inutile qualsiasi dibattito e discussione su appartenenze politiche, alternanze o alternative. Quindi, il miglior servizio all’Italia è di usare al meglio quel che resta della classe dirigente nazionale, possibilmente facendone emergere una più moderna e più competente, che sia in grado di guadagnare il massimo peso relativo nel sistema di cooptazione delle centrali oligarchiche del potere. Si deve sottolineare che, parafrasando il vecchio Cuccia, in tali centrali oligarchiche le persone non si contano ma si pesano. Esserci non è condizione sufficiente per contare qualcosa nel processo decisionale. Questa lezione deve essere chiara nelle menti dei cittadini e in quelle dei dirigenti politici e dello Stato italiano. Ma lo stesso ragionamento vale ormai per qualsiasi nazione e Stato nel mondo.

L’Italia deve allora concentrare le poche risorse e capacità che ha ancora a disposizione secondo una strategia realista.

Il primo passo da compiere è un determinato atto pubblico di verità seguito da un appello al popolo di aderire a un programma di austerità morale che si declina nella condanna e annientamento del chiacchiericcio politicante e della corruzione dei costumi sociali, ma anche in programmi di educazione e formazione, nell’uso della lingua come strumento pregnante dell’identità individuale e collettiva, nella rettitudine ispirata alla solidarietà proiettata nel lungo periodo, e nel recupero irrinunciabile del valore della persona umana. Ci vuole immediatamente un progetto di recupero etico della nazione italiana. Alcune linee etiche sono state tracciate da Papa Francesco nell’esortazione “Evangelii Gaudium” che, facendo leva sulla forza rivoluzionaria degli atti morali, sono valide per tutti indipendentemente dagli orientamenti. Esse sono intrinsecamente olistiche, attorno a valori irrinunciabili e programmaticamente tendenti all’armonia. Perciò esse possono essere adottate dalle forze politiche che necessariamente dovranno comporre la coalizione di amministrazione del potere di governo. Non farlo aprirà la strada, già nota storicamente, al dilagare delle forze distruttive populiste che agiteranno i peggiori istinti degli esseri umani con la falsa promessa di risolvere i problemi materiali dell’esistenza. L’ostracismo e la repressione non faranno che fortificare tali forze negative.

Dal punto di vista strategico, con l’attuale Pontefice, l’Italia ha l’opportunità di beneficiare di questa leva morale per la propria rinascita e per la proiezione esterna, europea e internazionale. Non serve, e non è sollecitata, la riedizione di un partito dei cattolici. Invece, farà la differenza l’adesione laica, liberale e progressista ai principi etici che valgono per l’Italia e per il mondo in cui la nazione è inserita. Questo risolverebbe anche l’ambiguità dell’unificazione italiana che, nonostante i due Concordati, non è tutt’ora riuscita ad esprimere il potenziale nazionale che i padri risorgimentali auspicavano.

Il secondo livello riguarda l’Italia in Europa e nel mondo

L’Italia è un paese grande, importante, ma non è stata e non sarà una potenza nel senso classico del termine. Preso atto di questa verità, l’Italia ha un’indubbia rendita geografica, che se ben usata diventa anche geopolitica, è membro fondatore dell’Europa e dell’ONU, e quindi cooptata nelle istituzioni comunitarie e nelle oligarchie tecnocratiche europee e mondiali, è un partner assicurato e irrinunciabile dell’Alleanza Atlantica, è riuscita a mantenere, e talvolta consolidare, forti legami bilaterali con la Russia, Israele, alcuni paesi musulmani (Turchia, Egitto, Iran), e con la Cina. L’Italia ha perso rilevanza in America Latina e in Africa.

Per riuscire a sfruttare al meglio la propria condizione, l’Italia ha bisogno di assicurarsi un ruolo di “valzer” nel gioco geopolitico post Guerra Fredda. In Europa, la prima necessità è di agire su due fronti: l’uno è quello finanziario e monetario, l’altro è quello energetico e geopolitico.

Per il ruolo finanziario e monetario i punti di forza si trovano nella City di Londra, e per estensione negli USA, e a Berlino, e per estensione a Francoforte. A questi, per il ruolo energetico e geopolitico, si aggiungono i punti di forza che si trovano a Mosca, Ankara e Teheran. Quindi l’Italia ha la possibilità di agire sulla leva della fedeltà al mondo anglo-americano per approcciare la Germania e la Russia offrendo collaborazione e rassicurazione. L’errore francese, inglese e americano è di ‘spaventare’ questi paesi acutizzandone le paure e quindi gli eccessi. L’Italia ha invece tutti gli strumenti per svolgere un ruolo di ‘armonioso facilitatore’, così riuscendo ad aumentare il proprio peso nelle oligarchie decisionali.

Sulla stessa scia, nel ruolo energetico e geopolitico, l’Italia ha un’ineguagliata tradizione e esperienza nel gestire rapporti con la Russia, l’Iran, Israele, l’Egitto, la Turchia e la Cina. Questa dote potrebbe essere usata sia nel risolvere i sospetti e le asperità che Francia, USA e Regno Unito hanno alimentato nel tempo, sia per offrire alla Germania un significativo sostegno al suo disegno geopolitico globale.

Consigli strategici per l’Italia

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