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Nessuna sorpresa, si torna alla prassi. Il nuovo presidente della conferenza episcopale degli Stati Uniti è monsignor Joseph Kurtz, arcivescovo di Lousville. Prende il posto di Timothy Dolan, del quale è stato vice nell’ultimo triennio. Com’era prevedibile, dunque, i vescovi americani hanno deciso di tornare alla consuetudine di eleggere colui che aveva affiancato il presidente nel mandato precedente. Una consuetudine che si è rotta solo due volte: nel 1960 e nel 2010. Joseph Kurtz, 67 anni, è arcivescovo di Louisville dal 2007, dopo essere stato per otto anni alla guida della diocesi di Knoxville, in Tennessee.

VITTORIA NETTA AL PRIMO TURNO

La vittoria è stata netta, al primo turno: 125 voti sui 236 espressi. Staccatissimi gli altri candidati (in tutto erano dieci). A piazzarsi secondo il conservatore Daniel DiNardo, cardinale arcivescovo di Galveston-Houston, terzo monsignor Charles Chaput, arcivescovo di Philadelphia. Questi due, poi, si sono giocati al ballottaggio la vicepresidenza. A spuntarla è stato DiNardo, che diventa così il favorito alla successione di Kurtz nel 2016. Se l’alternativa era tra il proseguimento della battaglia contro il governo liberal di Barack Obama e la dichiarazione di fine delle ostilità, i vescovi d’oltreoceano hanno scelto di stare nel mezzo. Kurtz incarna infatti una leadership mediana, moderata, priva di slanci a destra come a sinistra. Convinto sostenitore dei princìpi cosiddetti non negoziabili e tanto declamati dai pulpiti delle chiese americane negli ultimi anni, il neopresidente è anche considerato un uomo pragmatico (come scrive il vaticanista John Allen su Vatican Insider), capace di “correggere la rotta alla luce della nuova direzione impostata a Roma”.

LIBERAL CONTRO KURTZ

Sulle questioni di dottrina e morale, mons. Kurtz non è disposto a scendere a compromessi. Commentando nel 2010 la legalizzazione dei matrimoni tra persone dello stesso sesso, il neoeletto presidente della conferenza episcopale americana diceva che tale atto era paragonabile alla macchia presente sulla coscienza degli americani dopo la decisione della Corte Suprema su Roe v Wade che aveva permesso l’aborto. Frasi che portarono un gruppo di attivisti liberal a indire una petizione per chiedere all’assemblea dei vescovi di non eleggere Kurtz come successore di Dolan. L’arcivescovo di Louisville veniva definito “diviso e conservatore sulle questioni sociali”.

IL PROFILO DEL VICE DINARDO

Pragmatico è anche il suo numero due, il cardinale DiNardo, che può vantare anche un’importante esperienza nella curia romana. Dal 1984 al 1990, infatti, fu funzionario della congregazione per i Vescovi, allora guidata dal cardinale Bernardin Gantin. Il profilo è simile a quello di Kurtz: ortodosso su etica e morale, ma non fautore di battaglie ideologiche. Un conservatore meno schierato e meno arcigno del cappuccino Chaput, che da mesi è l’esponente di punta dell’episcopato americano più perplesso sul nuovo corso di Francesco. Una sua elezione sarebbe stata interpretata come una chiusura a riccio davanti alle priorità fissate da Bergoglio.

Il moderato Kurtz succede a Dolan

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