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C’eravamo chiesti più volte che cosa ci fosse di nuovo nel centro destra di Angelino Alfano. Certo, ci sembrava già tanto non condizionare la tenuta del governo alle disavventure giudiziarie di Silvio Berlusconi, ma – da fanatici di Angela Merkel, del risanamento, del fiscal compact e dell’euro – avremmo gradito una maggiore sintonia con l’Unione. Ci sembrava, poi, un po’ troppo continuista – e figlia di un precedente quadro di alleanze con la Lega e gli ex AN –  la linea sulle unioni civili e sul riconoscimento – ancorché temperato – dello jus soli per la cittadinanza dei minori nati in Italia da genitori stranieri (sono circa cinquecentomila).

Qualche dubbio sulla novità ci era venuto osservando le personalità – la valutazione è solo di carattere politico – a cui, nell’organigramma nazionale del partito, erano state assegnate la responsabilità del settore ‘’Idee e programmi’’. Insomma, nel nostro piccolo, attendevamo il NCD al varco, pronti a compiacerci di un “nuovo” che ancora non si intravvedeva all’orizzonte. Poi, sabato scorso, al convegno di Bari, è arrivata la svolta: un programma in materia di lavoro al cui confronto il tanto decantato job act di Giamburrasca Renzi si riduce ad un insieme di ‘’pensierini della sera’’. Cogliendo l’assist di Luca Ricolfi, di cui abbiamo apprezzato il commento su La Stampa, nell’act di Alfano (esiste già un articolato pressoché completo) si nota la “mano invisibile” di Archimede Pitagorico.

SINISTRA COMUNICAZIONE

Al solito, in queste vicende emerge un problema di comunicazione: i cambiamenti della sinistra, anche se modesti e ritardati, vengono sempre celebrati dai media come se fosse preso nuovamente d’assalto il Palazzo d’Inverno. Senza scomodare la famosa frase di Enrico Berlinguer sul venir meno della spinta propulsiva dell’Unione sovietica, che a suo tempo venne salutata alla stregua di una rivoluzione copernicana (mentre si trattava di una considerazione che avrebbe fatto anche un bambino al cospetto di una Trabant), è sufficiente notare l’accoglienza tributata ad una definizione ambigua come quella contenuta nel job act renziano riguardante il “processo verso un contratto di inserimento a tempo indeterminato a tutele crescenti”.

SACCONI L’ISPIRATORE

Il “pacchetto lavoro” del Nuovo Centro destra osa davvero di più, avvalendosi del contributo di un ex buon  ministro del Lavoro come Maurizio Sacconi e della scuola di pensiero di cui egli è espressione: una scuola che, dal Libro Bianco del 2001 in poi, ha prodotto cultura giuridica innovativa, ferocemente contrastata dalla sinistra anche nelle sue componenti più riformiste. Quelle, appunto, a cui cerca di ispirarsi Matteo Renzi, le quali, per quanto persuase della necessità di una modernizzazione del diritto del lavoro, sono pur sempre costrette a tener conto delle contrarietà della Cgil.

MANIFESTO IN PILLOLE

Le proposte del NCD non si soffermano più di tanto a formulare i soliti omaggi rituali al taglio del cuneo fiscale e contributivo, da assumere come misura di carattere generale, ma vanno direttamente al vero nodo del problema: detassare le retribuzioni concordate in azienda per aumentare la produttività e la qualità del lavoro che rappresentano l’unico modo per sostenere la competitività delle imprese. Quanto alla contrattazione collettiva viene privilegiata quella cosiddetta di prossimità (anche avvalendosi degli effetti discendenti dall’applicazione dell’articolo 8 della legge n.138 del 2011, una norma che le parti sociali si ostinano a non applicare, benché consenta, a certe condizioni, di adattare, in regime di deroga, le regole contrattuali e di legge a particolari situazioni).

LAVORO IN STILE CENTRODESTRA

Viene chiesto il ripristino delle norme sui contratti flessibili di cui alla legge Biagi, modificate dalla riforma Fornero nel senso di una maggiore rigidità; si rilancia l’idea dello Statuto dei diritti quale strumento di ri-unificazione, rispettosa delle ineliminabili diversità, del mondo del lavoro nelle sue differenti tipologie. Vengono aperte, ai fini della salvaguardia dell’occupazione, le possibilità di demansionamento e di mobilità interna dei lavoratori; si allargano i termini dell’acausalità per l’assunzione a tempo determinato; ed infine si arriva – senza infingimenti – a proporre l’abolizione della reintegra nel posto di lavoro tranne che per i casi di discriminazione, divenendo regola generale il solo risarcimento del danno.

INEDITE INNOVAZIONI

Sia Forza Italia, prima, che il Pdl, poi, non avevano mai osato tanto, in maniera così netta. Va da sé che convincere il governo Letta ad accettare una linea siffatta non sarà facile. Ma almeno il NCD è in campo e lo è in tempo utile per non lasciare l’iniziativa al Pd e a Scelta civica. Al di là dei risultati a breve, sul pacchetto lavoro il Nuovo Centro destra farà la campagna elettorale; chiederà voti per portare avanti quelle politiche, cercando il consenso di quella parte di elettorato che crede nelle sue posizioni. Nessuna captatio benevolentiae, dunque, ma linguaggio franco e aperto.

LA CAMPAGNA ELETTORALE

Neppure Mario Monti, nella campagna elettorale del 2013, ebbe il coraggio di avanzare delle proposte tanto innovative. Ma la linea di Alfano e di Sacconi è quella giusta. Nessun elettore deciso a difendere l’articolo 18 dello statuto voterà mai per il NCD, anche se questo partito non si ponesse il problema di abrogarlo. Meglio andare alla ricerca di quanti capiscono e condividono la scelta di cambiare.

Che cosa mi convince (non tutto) del Nuovo Centrodestra di Alfano e Sacconi

C’eravamo chiesti più volte che cosa ci fosse di nuovo nel centro destra di Angelino Alfano. Certo, ci sembrava già tanto non condizionare la tenuta del governo alle disavventure giudiziarie di Silvio Berlusconi, ma – da fanatici di Angela Merkel, del risanamento, del fiscal compact e dell’euro – avremmo gradito una maggiore sintonia con l’Unione. Ci sembrava, poi, un po’ troppo continuista…

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