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L’autunno di Cipro sarà un po’ meno triste della sua terribile primavera, ma altrettanto tormentato. La piccola isola sta facendo i conti, letteralmente, con il suo esercito di creditori al prezzo di una sostanziale devastazione dei suoi fondamentali economici.

Niente che non si potesse immaginare.

Seguirne le vicissitudini, tuttavia, riveste un interesse notevole, atteso che Cipro è stato il laboratorio sul quale si è sperimentato per la prima volta uno dei principi cardini della nascente Unione bancaria: quello del bail in.

In pratica, l’onere del fallimento delle banche statali è stato scaricato sui correntisti e i detentori di obbligazioni, sia senior che subordinate. Tutto ciò sull’altare di un principio che è diventato uno dei dogmi dell’attuale dibattito sull’Unione bancaria: i fallimenti delle banche non devono essere scaricati sugli stati, e quindi per via fiscale sui cittadini, ma su chi ha affidato i propri soldi alle banche fallite secondo una precisa gerarchia: gli azionisti, gli obbligazionisti e i correntisti, fatti salvi quelli che hanno depositi sotto la soglia assicurata (più o meno 100mila euro).

Il Fondo monetario, che a Cipro a prestato il necessario per tirare avanti in questi mesi, ha calcolato che il totale del bail in per la banche cipriote sia stato finora di 9,4 miliardi di euro, di cui 4,5 per la BoC e 4,9 per la Laiki. Di questi 9,4 miliardi, ben 7,8 miliardi sono arrivati dai depositi non assicurati.

Risultato: Cipro ci prova a rimettersi in piedi.

Ma non è detto che riesca.

Al contrario, nel frattempo, l’Ue è riuscita ad approvare il primo pilastro dell’Unione bancaria.

E poi dicono che le crisi non servono.

A proposito. Il Fondo monetario calcola un calo del pil cipriota, a giugno 2013 rispetto a giugno 2012, del 5,2%. Tale andamento è dovuto per lo più al collasso del consumo interno (quello pubblico era già crollato del 26% nel primo trimestre) e degli investimenti. Ciò malgrado il contributo offerto dalla domanda estera, che è stato positivo. Ma non tanto perché Cipro abbia esportato di più, ma perché ha importato circa il 20% in meno. Un altro caso di austerità che corregge il conto corrente.

Sul versante interno, si segnala l’impennata della disoccupazione, passata dall’11,7 del giugno 2012 al 17,3% registrato a giugno 2013 “il più altro incremento anno su anno registrato nell’eurozona”, nota il Fondo. La conseguenza è che la aziende “hanno iniziato gradualente ad abbassare i salari, declinati dello 0,6% in termini nominali dal marzo 2013″. Il Calo dei salari ha fatto diminuire anche l’inflazione passata dall’1,3% di marzo 2013 allo 0,7% di giugno. Tutto, come al solito, si tiene.

I ciprioti, tuttavia, potrano consolarsi pensando che il governo ha raggiunto e superato i target fiscali previsti dal piano del Fondo, facilitato dal roll over dei debiti bancari e dalle notevoli restrizioni dei capitali che hanno impedito che i denari fuggissero dalle banche. Adesso i controlli si sono attenuati, ma fino a poco tempo fa pure per fare un bonifico bisognava passare dalla banca centrale. Il prelievo di contanti, tuttavia, rimane fermo a 300 euro al giorno per le persone fisiche, che non posso ricevere o emettere bonifici per più di 15mila euro al mese (a marzo erano vietati).

L’uscita dall’emergenza, al prezzo che abbiamo visto, non è servita tuttavia a far tornare la fiducia, visto che prosegue l’emorragia di depositi bancari. Al 21 agosto i deflussi avevano raggiunta quota 8 miliardi di euro, il 12,6% della base di depositi esistenti a a fine marzo, al netto dei depositi convertiti in equity della banche oggetto di bail in. Il 60% di questi deflussi sono attribuiti a non residenti titolari di depositi non assicurati. I ricconi, a quanto pare, non si fidano ancora di Cipro e difficilmente torneranno a fidarsene di nuovo. In fondo i paradisi bancari non mancano, neanche nella stessa Europa.

Sicché la piccola isola dovrà imparare a farsi bastare e sue forze. Rimettere in piedi l’economia, dopo anni di abbuffate pagate dai capitali esteri (al prezzo che abbiamo visto) non sarà un’impresa facile.

Le banche, per dirne una, malgrado la cura di cavallo, si stanno riempendo di sofferenze. I Non performing loan (NPLs) sono arrivati al 30% già a fine marzo e le banche hanno un salvagente per le perdite sui crediti pari solo al 30% dei prestiti concessi, ben al di sotto della media del 50% delle banche europee. Quindi la situazione del sistema finanziario è ancora molto instabile. Le banche hanno prospettive di redditività molto scadenti e la concessione di crediti alle imprese si è contratta del 9% a giugno 2013 rispetto a un anno prima. I crediti concessi per i mutui sono diminuiti del 3% e del 7% per il credito al consumo.

Come uscirne? Di sicuro ci vorrà un bel po’ di tempo (e di denaro) per ricapitalizzare le banche. Secondo il Fondo “bisogna continuare a seguire le politiche decise a marzo per restituire stabilità al settore finanziario per renderlo capace di supportare una crescita nel lungo periodo”.

Speriamo prima che i ciprioti siano tutti morti, direbbe Keynes.

Mentre coltivano la speranza, i ciprioti faranno bene a mettersi a dieta. Il Fondo calcola che il Pil si contrarrà del 9% alla fine del 2013 e di un altro 4% nel 2014, trainato al ribasso dal consumo interno e dal crollo del settore immobiliare “cresciuto in maniera insostenibile prima della crisi” (come al solito), mentre la disoccupazione dovrebbe toccare il 19,5% già l’anno prossimo.

Tutto questo con un debito pubblico previsto in rialzo fino al 126% delPil nel 2015, dopo esser stato rivisto al rialzo dal 109 al 114% nel 2013, per stabilizzarsi intorno al 105% nel 2020, ma sempre “altamente vulnerabile agli shock”, e con un debito estero, che per quanto diminuito del 10% del Pil, sta ancora saldamente intorno al 440% del Pil, mentre la posizone netta degli investimenti è negativa per il 123% del Pil, al livello del Portogallo. Circostanza che rende Cipro molto sensibile alle turbolenze derivanti da un incremento dei tassi.

Sul settore privato, si registra un debito pari al 280% del Pil, il livello più alto dell’eurozona (segue l’Irlanda) e il doppio della media europea, con le famiglie pesantemente indebitate per i mutui contratti all’epoca del boom. Per dare un’idea di quanto si sia gonfiata la bolla immobiliare, basti considerare che fatto 100 il livello dei prezzi nel 2002, al picco del boom l’indice aveva superato 210, ben al di sopra della Spagna, e che adesso quota intorno a 200 “significativamente intorno al livello pre-crisi”, nota il Fondo. Col risultato che è facile prevede un’ulteriore correzione dei valori immobiliari che non potrà non avere effetti sul sistema finanziario e sul portafoglio delle famiglie.

Conclusione: per Cipro “i rischi rimangono sostanziali e orientati al ribasso”.

Provaci ancora, Cipro.

Cipro ci prova

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