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Se l’Italia vuole controbilanciare lo strapotere di Berlino non deve puntare su riforme impossibili, ma stringere un’alleanza politico-programmatica con la Germania.
È questa l’unica via possibile per sfuggire all’austerità secondo Carlo Pelanda (nella foto) – esperto di relazioni internazionali ed editorialista del Foglio e di Libero – che, in una conversazione con Formiche.net, spiega perché per affrontare il futuro, l’Italia deve guardare al passato.

Professore, le elezioni in Germania consegnano un altro mandato della Merkel. È un bene o un male per l’Italia?
Di per sé non rappresenta nessuno dei due. Il nostro problema non è la cancelliera tedesca, ma è la situazione politica nel nostro Paese.

Si spieghi meglio.
Vede, l’Italia al momento non ha al comando menti che siano capaci di strategie lungimiranti. Né – bisogna prenderne atto – siamo in grado di realizzare quelle riforme che ci vengono richieste. Quindi l’unico modo per bilanciare il rigore imposto dalla Germania e da Bruxelles è quello di contare di più in Europa in modo politico.

Come?
La realtà è che oggi l’Italia è governata dall’esterno, quindi la mossa più furba che si può fare è di ritrovare sovranità in un modo laterale. C’è un po’ di imbarazzo nel raccomandare queste soluzioni, perché è facile tornare indietro nel tempo, tirando fuori vicende storiche che fino ad oggi ci hanno portato guai. Eppure non riusciamo ad evitare di avere relazioni con la Germania. Ma è l’unico modo tirarci fuori dal pantano.

Che tipo di relazioni immagina?
Andrebbe ricomposto il fronte moderato, speculare alla Dc tedesca. In un momento come questo sarebbe utile un grande raggruppamento che tenga insieme l’attuale centrodestra con i centristi del Pd. Sarebbe un partito dal fortissimo consenso, quasi egemone, capace di parlare con una voce unica. Ci permetterebbe di bilanciare il potere della Germania nel Partito popolare europeo, consentendoci di contare di più a Bruxelles. Parallelamente, dovremmo ricomporre un’alleanza politica che in passato non ha sempre portato fortuna, ma che è l’unica possibile in questo momento: quella con Berlino.

Basata su quali presupposti?
Alla Merkel interessa che vada in porto l’area di libero scambio commerciale con gli Usa, un provvedimento di cui ci gioveremmo anche noi come Paese esportatore. A noi interessa allentare un po’ la presa del rigore, che vorrebbe dire nuovi investimenti e un ritorno alla crescita più rapido e indolore. Questo modello richiama il tentativo realizzato da Beniamino Andreatta, che provò a creare una forte convergenza tra le due democrazie cristiane italiana e tedesca con Helmut Kohl, per bilanciare la cessione di sovranità all’Eurozona. E chissà che Enrico Letta, allievo di Andreatta, non rientri anch’egli in questo progetto. Vede, io culturalmente mi ritengo un liberista più che un centrista, ma un nuovo partito popolare è ciò che serve oggi all’Italia.

Ma un progetto simile non è già stato tentato alle scorse elezioni da Casini e Monti?
Non mi pare. O meglio, forse ce n’era l’intenzione da parte dell’Udc, ma è fallita perché il momento storico era sfavorevole. Oggi, con Berlusconi non più protagonista assoluto, si potrebbe pensare a una confederazione popolare di cui potrebbe far parte la stessa nuova Forza Italia. La verità è che se dobbiamo attutire l’impatto dell’euro sulla nostra economia, l’unico modo è farlo con rapporti bilaterali con Berlino, come ha fatto la Francia. Questo consentirebbe alla Germania di ridimensionare Parigi e a noi di uscire dalla recessione.

Vi spiego perché il modello Merkel può salvarci dall'austerity. Parla Pelanda

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