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E’ bello e significativo che Roma e Napoli siano le capolista della serie A.
2 splendide città, assillate da problemi spesso drammatici, almeno la domenica e il mercoledì, stanno restituendo ai romani e ai napoletani quei sorrisi, che mediocri amministratori hanno tolto ai cittadini, tanto volenterosi e passionali quanto sfortunati.
E’ l’ora di Napoli : non trionfava al Meazza dal 1986. 27 anni, a guidare gli azzurri c’era Dieguito Maradona, oggi un altro argentino, Higuain, che, con i suoi goal e con la sua simpatia, ha rimosso dalle menti e dei cuori dei tifosi il venale bomber Cavani.
Il portiere Reina, bravo come il giallorosso De Sanctis e l’emergente Bardi, ha parato un rigore all’incorregibile Balotelli che, prima della stangata del giudice sportivo, per la sua ennesima balotellata, dovrebbe esser punito dal Milan, i cui fans sono tutt’altri che….Allegri per la squadra già molto lontana dal vertice.
De Laurentiis oggi è molto più popolare a Napoli del Sindaco. Sarebbe corretto se a l’ambiente non si lasciasse travolgere dal pur legittimo entusiasmo. E se il Presidentissimo riconoscesse i meriti del predecessore di Benitez, Mazzarri, molto bravo anche all’Inter, nel dare al club campano la mentalità da squadra ambiziosa e vincente.
La domenica romana ci ha consegnato, oltre al monumentale Totti e all’abilità tattica di Garcia , le lacrime di Federico Balzaretti, marcatore del primo goal del derby vinto, dopo 2 anni e mezzo, dai giallorossi, che hanno vendicato la sconfitta di 4 mesi fa nella finale di Coppa Italia.
Con il nuovo tecnico, la Roma ha ritrovato quella normalità nei comportamenti, in campo e fuori, che mancava dai tempi della prima gestione di Vincenzino Montella, l’ultimo allenatore, prima di Garcia, a vincere un derby.
Dall’ascesa della Roma e del Napoli un’indicazione anche alla politica : si vince se si riesce a stare uniti, a “fare gruppo”, a evitare le spaccature, che avevano rovinato i giallorossi lo scorso anno.
E si perde, non solo nel calcio, quando non si avvertono in tempo i logorii, fisici e psicologici, la stanchezza di un team. E non si rispettano, in campo e fuori, i ruoli, non si riesce a motivare e a far sentire importanti i protagonisti e comprimari del teatrino, calcistico e politico.
Insomma, Alfano e Letta imparino da Garcia e Benitez : guai a passare dalle “larghe intese” alle profonde spaccature, nella maggioranza, alle incomprensioni e ai minacciosi penultimatum dei ministri.
Pietro Mancini

Calcio ma non solo. Roma e Napoli in testa? Grazie a larghe intese tra calciatori e coach

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