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Pubblichiamo un articolo del dossier “Germania al voto” di Affari Internazionali.

Europa tedesca o Germania europea? Il famoso dilemma lanciato da Thomas Mann nel 1953 agli studenti dell’università di Amburgo e risolto ovviamente a favore del secondo corno sembra riproporsi oggi, sia pure in termini piuttosto diversi da quelli a cui alludeva l’autore dei Buddenbrook. Allora si trattava di uscire definitivamente dal folle sogno di potenza nazista – con radici anche nel secondo Impero tedesco – prendendo coscienza che aveva senso solo un futuro “europeo” come quello che si andava delineando per la Repubblica Federale Tedesca di Adenuaer.

Grazie a questo impegno la Germania “occidentale” sarebbe tornata sempre più a pieno titolo nel consesso delle nazioni. Allora la riunificazione era quantomeno un orizzonte lontano e problematico, mentre parlare di “potenza” per la Bundesrepublik Deutschland, Brd, la Germania dell’Ovest, era assolutamente improprio. Ma anche l’Europa, qualunque fosse il significato che si voleva dare a quel termine, era qualcosa di molto vago.

L’Europa fuori dalla riunificazione tedesca
Oggi, evidentemente, non è più così. Non solo quella riunificazione che sembrava impossibile se non al prezzo di una “neutralizzazione” della Germania (e di una sua conseguente deminutio) si è realizzata, ma è stata un’operazione di successo. Se non comprendiamo questo non capiamo una delle radici dell’attuale orgoglio tedesco.

La Brd ha prima piegato il “nemico” dell’Est estendendo progressivamente su di lui la forza della sua “potenza civile”: ricordiamoci almeno il suo controllo sul debito polacco e la sua capacità di ricatto sulla politica economica di Gorbacëv. In secondo luogo ha gestito la riunificazione rimettendo in piedi la riunificata parte orientale con un esborso notevole, ma senza che questo l’avesse fiaccata, anzi ottenendo di trasformarlo in un motore di sviluppo. Ha persino contenuto, ovviamente nei limiti delle imprese umane, i traumi sociali derivanti dalla inserzione di un sistema arretrato in un sistema altamente sviluppato.

L’Europa non ha giocato una grande parte nella vicenda. Si dice, a titolo consolatorio, che alla Germania la riunificazione è stata consentita perché la sua appartenenza alla Unione europea (Ue) suonava come una garanzia. Questo è vero solo parzialmente. Quando Giulio Andreotti e l’allora ministro degli esteri Gianni De Michelis hanno cercato di inserirsi come parte dell’Unione nei negoziati per la chiusura della vicenda tedesca , la risposta del ministro degli esteri tedesco Hans Dietrich Genscher fu secca: “You are not part of the game”( Non siete parte del gioco).

In effetti la partita del 1989-90 è stata giocata come una appendice, più o meno credibile, del 1945: Usa, Urss, Gran Bretagna e Francia a fronte della “nuova Germania”, che si è ben guardata dal partecipare a quella partita nell’ambito della sua “qualificazione europea”.

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Paolo Pombeni è professore ordinario di Storia dei Sistemi Politici Europei all’Università di Bologna. Direttore dell’Istituto Storico Italo-Germanico presso la Fondazione Bruno Kessler di Trento e membro del comitato direttivo delle riviste “Ricerche di Storia Politica” e “Journal of Political Ideologies”. È anche editorialista de“Il Messaggero”.

Il sogno di un’Europa tedesca

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