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In politica le leadership non si inventano ma si costruiscono.

E la storia recente ci ha indicato due percorsi diversi ma egualmente obbligati.

Il primo è quello weberiano del carisma eccezionale, il secondo è quello della guida formalmente riconosciuta di una organizzazione partito a vocazione maggioritaria.

Attualmente Flavio Tosi che pure in una dimensione locale viene riconosciuto come uno dei sindaci d’Italia più capaci a livello amministrativo e brillanti anche nella “rappresentazione” del suo mandato (e quindi nella comunicazione verso l’esterno campione di una indiscutibile egemonia territoriale) non ha ancora imboccato alcuna di queste due vie maestre.

Il sentiero verso la leadership quindi, a prescindere dai proclami auto vaticinanti che scuotono la noia delle redazioni, è parecchio stretto.

Sicuramente il sindaco di Verona che nel passato recente ha guidato un certo avanguardismo leghista mediante il collante di un dna politico molto attento a non scadere sin dalle origini nel tipico celodurismo bossiano, ma piuttosto a coltivare relazioni trasversali e di alto rango può essere considerato uno dei cavalli di razza della politica nostrana. Le sue parole d’ordine sono concretezza e pragmatismo. Ai grandi slanci ideali Tosi ha sempre preferito i programmi realistici di buon governo e sana amministrazione

Vero è che come dimostrano i casi Renzi e per certi versi Alfano da quando sembrano tramontate non soltanto le ideologie ma anche le tradizionali appartenenze tutto ormai appare contendibile nel nome di un permanente dinamismo politico-elettorale. Ma vero è anche che proprio gli sviluppi nei due maggiori campi di azione (la scelta di Renzi in questo senso è emblematica e lungimirante) dimostrano come la via di una leadership diffusa e legittimata nel Paese non possa prescindere da una preventiva affermazione egemonica nella propria “comunità” politica.

Solo saldando intorno alla sua figura l’intero bacino leghista, e da lì ampliarlo sino al perimetro largo di qualche anno fa, Tosi potrà avere contezza della propria forza e profilo da leader aldilà del suo mandato amministrativo.

Benché, come ricordato, Tosi abbia rappresentato da sempre la “frontiera” della vecchia appartenenza padana, rituale, simbolica e tribale, nell’interpretare i suoi recenti successi elettorali e il suo autentico dna politico è innegabile che un solido ancoraggio a quella comunità di intenti rappresenti ancora oggi una rendita di consenso molto affidabile e un investimento politico solido e redditizio al tempo stesso.

Pertanto le aspirazioni del sindaco di andare oltre Verona, oltre la Lega, per puntare dritto a contendere la guida del centro destra e magari la premiership sembrano rebus sic stantibus abbastanza avveniristiche e comunque condizionate ad una completa e piena affermazione alla guida del Carroccio da conquistare nel congresso di dicembre. Solo da lì in poi, e forte di una legittimazione autentica e formale, Tosi potrà presentarsi come leader maturo, saldo al comando di una Lega rinnovata e moderna con l’ ambizione di tracciare la road map per l’intero centrodestra garantendo un equilibrio tra le diverse anime e facendo sintesi tra le eventuali divisioni non sanate lasciate sul tappeto dal tramonto dell’epopea berlusconiana.

Prima di “Ricostruiamo il Paese”, lo slogan scelto per la campagna verso le futuribili primarie del centrodestra e anche della fondazione che lo finanzierà, per l’aspirante premier Tosi occorrerebbe pertanto consolidare la sua guida sulla Lega e avere ben chiaro in testa come rilanciare il centro destra.

Tutte le incognite sulla leadership di Flavio Tosi

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