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Un mondo sotterraneo, spesso invisibile a occhio nudo. Eppure esiste. Gli organismi di vigilanza lo chiamano underground banking, sorta di nemesi del più noto e conosciuto shadow banking. Ma la sostanza cambia fino a un certo punto: si tratta di un sistema finanziario nel sistema, ma spesso sconosciuto alle autorità. Ed è lì che passa il grosso dei soldi riciclati perché frutto di attività poco chiare. E dove vanno? Per l’Unità di informazione finanziaria di Bankitalia, ci sono pochi dubbi: se ne vanno in Cina. Ci sono alcuni passaggi dell’ultimo rapporto annuale, una settantina di pagine, dell’unità guidata da Enzo Serata, dedicati per l’appunto alla questione.

In uno, per esempio, si sottolinea come “la collaborazione con le Fiu (Financial information unit, ndr) del Nord Europa ha riguardato spesso frodi informatiche a danno di soggetti esteri. Il recupero dei fondi è stato in molti casi ostacolato dal rapido utilizzo delle somme illecitamente sottratte, attraverso il ricorso a bonifici istantanei, l’acquisto di cripto-attività o il prelievo in contanti subito dopo l’accredito. I proventi degli illeciti sono stati spesso scambiati più volte tra diversi gruppi di soggetti, con l’intento di stratificare i flussi e complicarne la ricostruzione. I bonifici, spesso a cifra tonda e per alti importi, sono risultati genericamente riferibili al pagamento di fatture e non coerenti con il profilo soggettivo degli individui e delle ditte coinvolte, spesso di recente costituzione e caratterizzate da un esiguo numero di addetti”.

Chiarito il gioco di specchi, ecco il filo conduttore con il Dragone. “Ulteriore fenomeno ricorrente negli scambi con altre Fiu è quello dell’utilizzo di sistemi di underground banking a fini di riciclaggio, che coinvolgono soprattutto soggetti provenienti dall’Asia e in particolare dalla Repubblica Popolare Cinese. Sul fenomeno è in corso un esercizio di analisi congiunta assieme alle Fiu di altri paesi europei coinvolti nei flussi finanziari”, hanno chiarito da Palazzo Koch. La relazione porta poi alla luce un caso specifico, che chiama in causa sempre la Cina e le banche ombra.

“L’analisi finanziaria ha posto in luce anomale concentrazioni di flussi illeciti per importi rilevanti provenienti dall’Italia e veicolati in Cina tramite l’intermediazione di un agente di pagamento estero con passaporto europeo, accreditato dalla stampa internazionale e da taluni segnalanti come banca, sebbene in assenza di valide licenze a livello comunitario.”. Ma “dietro tale apparente legittimazione si celava un canale di pagamento per il riciclaggio di fondi provenienti in gran parte da estese reti di imprese italiane indagate in contesti di frodi nelle fatturazioni e di abuso di fondi pubblici, tra cui bonus fiscali e risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Tramite uno schema di triangolazione, fondi di origine illecita per oltre 100 milioni di euro, provenienti dall’Italia, sono stati canalizzati su un conto dell’agente presso un altro Stato membro e poi destinati in Cina mediante un conto di corrispondenza aperto presso la banca di un ulteriore paese Ue”.

Attenzione però, non c’è solo la Cina nelle considerazioni della Uif. Anche le criptovalute sono state oggetto di attenzione da parte di Bankitalia, negli ultimi anni. Qui le fila l’ha tirate però il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, presente alla relazione. “Il rapporto della Uif rileva tempestivamente e puntualmente un peso crescente delle frodi informatiche e una continua evoluzione delle modalità di utilizzo delle criptoattività a scopo di riciclaggio e il crescente ricorso alle stablecoins. Non a caso abbiamo recentemente rafforzato i presidi regolamentari per il contrasto e la prevenzione dell’utilizzo a fini illeciti di criptoattività”, ha chiarito il ministro.

“I prestatori di servizi in cripto-attività sono stati sottoposti, in linea con quanto previsto a livello europeo, agli stessi obblighi antiriciclaggio applicati agli intermediari bancari e finanziari. Inoltre sono stati introdotti specifici obblighi di tracciabilità delle operazioni in cripto-attività con l`obiettivo di favorire l’individuazione di eventuali transazioni sospette”. E ancora, “siamo, tuttavia, consapevoli che le modalità di utilizzo delle cripto-attività a scopi di riciclaggio sono in continua evoluzione e sempre più complesse e sofisticate. Stiamo, quindi, continuando a lavorare su questo fronte, in raccordo con tutti gli attori istituzionali coinvolti, con l`obiettivo – ha spiegato – di assicurare un sistema adeguato a fronteggiare le sfide derivanti dall`uso delle nuove tecnologie”.

Finte banche, veri soldi. Il faro di Bankitalia sulla Cina

L’ultima relazione annuale dell’Unità di informazione finanziaria di Palazzo Koch riporta alla luce il fenomeno del denaro sospetto che prende la via del Dragone, attraverso intermediari fittizi. E ce ne è anche per le criptovalute

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