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Il Pd è sul punto di incassare un risultato storico: l’interdizione politica di Silvio Berlusconi. Ma non può rivenderselo più di una volta alla propria base e all’elettorato, perché è troppo evidente che, nel determinare la sconfitta (solo temporanea?) dell’arcinemico, il Pd ha contato come il due di coppe quando briscola è denari, perché è stato il partito delle procure a trionfare in quell’impresa in cui l’union sacrèe degli ex comunisti e della sinistra Dc aveva sempre fallito, anche quando le urne l’avevano premiata.

L’ostaggio Letta

Non si aspettavano, però, i dirigenti di Largo del Nazareno che il Pdl, anziché travolgere l’imbarazzante (perché contro natura, come sostiene Stefano Fassina) governo Letta, lo prendesse in ostaggio e ne condizionasse la permanenza in carica alla condivisione forzata delle proprie posizioni in materia di politica economica. E’ stato così per l’abolizione dell’Imu, sarà così per il rinvio dell’incremento di un punto dell’Iva (a questo proposito anche il Pd si è messo a fare la voce grossa, ma non è altrettanto credibile del Pdl, se persino Susanna Camusso, d’accordo con il “compagno” Giorgio Squinzi, sostiene che è preferibile tagliare in cambio il cuneo fiscale e contributivo).

L’ora X

E’ vero, il Pd ha ottenuto qualche contentino (piano giovani, esodati, rifinanziamento della cig in deroga, stabilizzazione dei precari della PA) e qualche promessa (in tema di pensioni), ma fatica ad attribuirsene da solo il merito essendo il Pdl competitivo anche nel “dire qualche cosa di sinistra”. Il fatto è che tutto questo tourbillon di misure a metà, di provvedimenti di incerta copertura (come per l’abolizione della prima rata dell’Imu) o di copertura tuttora da reperire (come per la seconda rata Imu e gli altri interventi prima accennati) sta per incontrare il suo momento della verità: la predisposizione della legge di stabilità, quando i conti dovranno quadrare sotto l’occhio vigile della Ue che non è disponibile a nuove aperture di credito nei confronti del nostro paese (Olli Rehn è stato chiaro). Tanto più che, per fortuna, dopo la vittoria di Angela Merkel, a Bruxelles continuerà a tirare l’aria di Berlino.

Saccomanni in difesa

Anche l’ineffabile ministro Fabrizio Saccomanni comincia a dare segni di impazienza dal momento che gravano su di lui il maggior carico di responsabilità di un esecutivo richiamato all’ordine da parte della Ue. Il modo in cui viene trattato dal Pdl questo civil servant, prestato alla politica, rappresenta la cartina di tornasole degli spazi di libertà che il centro destra si è conquistato nei confronti del governo in cambio di un suo abbassamento della guardia sulla vicenda Berlusconi. Essendo, tuttavia, l’ora X della legge di stabilità ormai alle porte, il governo dovrà portare a questo appuntamento un’agenda molto consistente, in pratica insostenibile: un vaso di Pandora pieno di malefici.

Il bivio

Che cosa dobbiamo aspettarci allora? Delle due l’una. O il governo cercherà di accontentare le richieste, vecchie e nuove, degli alleati-avversari in campagna elettorale permanente oppure cambierà registro dandosi quel coraggio che fino ad ora non ha avuto. Poiché nessuna delle due condizioni appare possibile, sia pure per differenti motivi, in quel momento l’esecutivo correrà davvero quei rischi che fino ad oggi è riuscito ad evitare o a rimandare. Ci resta solo da sperare, a quel punto, che – come ha prefigurato Enrico Letta – la legge di stabilità la scriva, al posto dell’esecutivo, l’Europa, magari con il concorso del Quirinale. Il premier ne ha parlato come di un’ipotesi da evitare. Noi, invece, ce lo auguriamo.

E' scattata l'ora X per Enrico Letta

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