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Il Big Bang del centro-destra ha provocato una vasta costellazione di pianeti e satelliti alla ricerca di una propria identità e direzione. Tutte le forze della galassia conservatrice e moderata promettono la costruzione di una coalizione a più voci. Ma il panorama frastagliato frutto della disintegrazione del Popolo della libertà e della diaspora di Alleanza Nazionale rende molto arduo il percorso.

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Angelino Alfano e il Nuovo centrodestra
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LA COSTELLAZIONE DEGLI ANTI PROGRESSISTI
La rinascita di Forza Italia e il decollo del Nuovo Centro-destra, il ritorno ad AN e il lancio di Rifare l’Italia sono le sigle di maggior richiamo nate dal tramonto del PDL e dell’orizzonte di un’unica grande formazione alternativa al fronte progressista in una dialettica politico-istituzionale bipartitica. Perché a tale paesaggio sarebbe necessario aggiungere una Lega Nord più che mai frastagliata fra visioni e candidature alternative in vista del congresso di metà dicembre.

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IL PERCORSO DI MALGIERI
Per comprendere le prospettive di un mondo che sembra riprodurre i vizi e i limiti storici della sinistra, Formiche.net ha sentito Gennaro Malgieri, giornalista, scrittore e intellettuale conservatore. Già direttore del Secolo d’Italia e de L’Indipendente oltre che della rivista di cultura politica “Percorsi”, Malgieri ha contribuito alla redazione di un “Manifesto per una nuova destra” fondato su valori quali tradizione nella modernità, visione spirituale della politica e della comunità, sovranità nazionale, popolare e monetaria, riforma presidenziale, Europa delle patrie, economia sociale di mercato e partecipazione dei lavoratori alla gestione dell’impresa, salvaguardia della vita in ogni stadio e della famiglia naturale. Tra i suoi saggi vanno ricordati “La destra possibile”, “Una certa idea della destra”, “Conversazioni sulla destra”. Mentre in settimana è prevista la pubblicazione di “Lessico inattuale. Un conservatore di fronte al pensiero unico”, e a dicembre l’uscita del libro “L’allegro naufragio. Il declino del centro-destra e la crisi del bipolarismo italiano”.

Come legge la spaccatura del Pdl?
La giudico inevitabile. Le sue due anime erano giunte a una rottura tale che l’esperienza unitaria del Popolo della libertà non poteva proseguire. Si fronteggiavano da mesi visioni diverse e contrapposte sul rapporto tra appoggio al governo e decadenza di Silvio Berlusconi da parlamentare. Frattura che si allargava alla complessiva concezione della politica. Da un lato i “lealisti” ritenevano che centralità del Cavaliere dovesse oscurare il resto dei temi politici, dall’altro le “colombe” volevano tenere ben separati i piani. Mi rendo conto che non si può stare allo stesso tavolo con chi aspira a pugnalare il capo di una delle due forze costitutive del governo, ma era necessaria maggiore prudenza da parte di tutti. Anche perché l’estromissione dell’ex premier da Palazzo Madama e il suo “esilio politico” è inevitabile con la riformulazione della condanna di interdizione dai pubblici uffici. Un sano realismo avrebbe dovuto rallentare contrapposizioni, polemiche, insulti e veleni poco edificanti. Che risalgono a ben prima il verdetto della Corte di Cassazione. Penso che siano connaturate un PDL nato lacerato e andato sbiadendosi giorno dopo giorno fino al novembre 2007. Quando il Cavaliere, all’improvviso e in maniera improvvida, lanciò l’idea di una formazione unica del centro-destra che invece avrebbe dovuto scaturire da un affinamento delle culture politiche.

Quale sbocco avrà tale lacerazione? La nascita di due forze differenti ma compatibili in un rassemblement ampio del centro-destra, o la creazione di due gruppi alternativi e ostili?
È molto difficile dirlo ora, a causa della completa frantumazione dell’area conservatrice e moderata. Che annovera quattro raggruppamenti di destra-destra, un paio di centro-destra, uno più marcato in senso centrista, la Lega Nord con ben cinque candidati ognuno rappresentante di visioni difformi e antagoniste. Alla luce di una simile disintegrazione, possiamo affermare che il centro-destra non esiste più. Vi sarebbe bisogno non tanto di un partito unico impensabile nei prossimi vent’anni, ma di una consapevolezza federatrice da parte di tutte le realtà coinvolte, in vista di una competizione elettorale con i progressisti. Certo, il bipolarismo ne risente in maniera irrimediabile. Ma se si lavora lungo direttrici precise e con spirito comune superando lacerazioni e risentimenti, tale orizzonte tornerà come opzione realistica.

La nuova Forza Italia avrà un approdo oltranzista populista o liberale liberista, con un ritorno genuino ai “principi del 1994”?
Purtroppo di liberale-liberista non vedo nulla. Forza Italia, è questo il dato più sconfortante, non ha elaborato alcuna linea politico-culturale in vent’anni. E non vi è stata nel Polo della libertà e del buongoverno, nella Casa delle libertà e nel PDL la rivoluzione liberale e nazionale promessa con la confluenza delle varie identità. Tranne rari e sporadici tentativi, abbiamo perso l’unica possibilità nella storia repubblicana di costruire in Italia un grande soggetto conservatore di tipo anglosassone.

Ritiene plausibile una successione dinastica rispetto al Cavaliere per la guida di Forza Italia? 
Se reputassi possibile una simile follia dovrei ricredermi sulle qualità politiche rivelate da Berlusconi. Il quale ha federato e inventato il centro-destra dando corpo alla dinamica bipolare nel nostro paese.

Quale sarà il futuro del Nuovo Centro-destra guidato da Angelino Alfano?
Tenterà di allargare la base del proprio consenso avvicinandosi ai centristi fuoriusciti da Scelta civica come Pier Ferdinando Casini e Mario Mauro. E ricercando l’alleanza con chi nel campo moderato non si riconosce nelle formazioni di destra. Alla luce della concorrenza spietata fra le forze che gravitano nella galassia del centro-destra, penso che il percorso verso una possibile alleanza e coalizione plurale sarà impervio.

Lei per anni ha caldeggiato una grande formazione unitaria del centro-destra, aperta e plurale, come nel resto dei paesi occidentali. È tramontata per sempre o è realizzabile, ancorandola a una riforma presidenziale e maggioritaria di collegio come in Francia o negli Usa?
La ritengo l’unica possibilità per riformare le istituzioni italiane in una direzione bipolare anche se non bipartitica. E per questo motivo, da convinto fautore del meccanismo di voto maggioritario uninominale a turno unico, appoggerei una legge elettorale a doppio turno di coalizione agganciata a una revisione semi-presidenziale della forma di governo.

Tutti i fermenti in atto nella galassia della destra legata alla storia di Alleanza Nazionale sono un fattore di crescita ed evoluzione o di crisi?
Nascono senza dubbio da smarrimento, ma sono lodevoli per il tentativo di ricomporre un mondo che forse non si riaggregherà più. Con stima verso i promotori di tutte le iniziative in corso, voglio esortarli a non riproporre la vecchia realtà di AN, ad andare oltre e rilanciare una destra rinnovata. Se dimostreranno tale coraggio, rivolgendosi ai ceti più dinamici e intraprendenti e alle fasce sociali emarginate dalla modernità, guarderò loro con attenzione. Ma se ripiegheranno nelle formule e alchimie partitiche, non avranno successo.

Vi sono le prospettive per una completa riunificazione della diaspora della destra e di AN?
Esistono soltanto sulla base di temi di grande respiro: la sovranità e l’identità nazionale, il dialogo con le altre culture e civiltà, la lotta contro le nuove povertà e contro la devastazione del pianeta. Argomenti che con altri esponenti dell’universo culturale conservatore ho richiamato nel “Manifesto per una nuova destra” e su cui si può lavorare per la prospettiva di una nuova aggregazione. Le ragioni di divisione emergono solo quando si razzola nell’aia. Se puntiamo più in alto verso orizzonti che non si esauriscono nella cronaca giornaliera o nell’organizzare formazioni elettoralistiche, si possono trovare molti punti di incontro. È molto più efficace che riproporre Alleanza Nazionale se pur con linguaggio nuovo e seducente.

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