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Grazie all’autorizzazione dell’editore e dell’autore, pubblichiamo il commento del condirettore di Italia Oggi, Marino Longoni, uscito oggi sul quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi

Da domani, 13 settembre, chiuderanno virtualmente i battenti quasi la metà delle sedi giudiziarie italiane. Si tratta degli uffici di minori dimensioni e con un bacino di utenti che non ne giustifica più la sopravvivenza. Il ministro della giustizia, Anna Maria Cancellieri, ha già emanato qualche decina di provvedimenti che in realtà posticipano di qualche mese, fino a un massimo di due anni, la chiusura di alcuni uffici. E altri provvedimenti ad hoc sono stati annunciati ieri nel corso del dibattito al senato. Ma il Guardasigilli ha tenuto duro, negando quella proroga generalizzata che molti si attendevano. Avvocati e amministratori locali, dipendenti degli uffici giudiziari sono da giorni in agitazione. Non mancano le proteste pittoresche mirate soprattutto ad attirare l’attenzione dei mass media che, su questo tema, sembrano piuttosto svogliati, tutti presi come sono dal dramma dell’agibilità politica del Cavaliere.

È ovvio che la soppressione di 30 tribunali, 220 sezioni staccate e 667 uffici di giudici di pace crei problemi ai diretti interessati. Il servizio della giustizia sarà più lontano dai centri minori e più scomodo. Le proteste quindi erano state messe in conto. Ma ancora ieri il ministro Cancellieri ha detto che la revisione della geografia giudiziaria è incancellabile. Anche perché «ce lo chiede l’Unione europea e la Banca mondiale». A questo punto la cosa diventa sospetta. Diamo un’occhiata ai numeri. Secondo il ministro la chiusura del 47% degli uffici giudiziari dovrebbe consentire a regime un risparmio di 80 milioni di euro.

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Tribunali e uffici giudiziari, ecco quanto si risparmia con i tagli del ministro Cancellieri

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