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O la Cina ritiene che le sanzioni occidentali sui chip abbiano rafforzato la produzione interna o che le sanzioni devono essere cancellate. Delle due l’una. Eppure, nonostante le contraddizioni, i media della propaganda del Partito comunista cinese riescono a tenere entrambe le linee.

Lo dimostra un recente articolo pubblicato sul Global Times, megafono di Pechino in lingua cinese, firmato da Hu Xijin, già direttore della stessa testata oltreché segretario del partito. Si parla del Mate 60 Pro, l’ultimo telefono lanciato da Huawei, che ha un nuovo chip – il Kirin 9000S – prodotto da Semiconductor Manufacturing International Corp, o Smic, la più grande azienda cinese di semiconduttori che ieri è stata dichiarata dal Pentagono fornire della difesa cinese, inserita nelle liste nere dei dipartimenti del Tesoro e del Commercio degli Stati Uniti.

Si tratta, scrive Hu, di “un’innovazione forzata dalle sanzioni statunitensi”. “Se gli Stati Uniti eserciteranno una pressione ancora maggiore, trasformeranno questa svolta in una frattura sistemica, promuovendo una catena di produzione altamente integrata e forte nell’industria cinese dei semiconduttori”, spiega ancora. Infine, parla di “bivio cruciale”: “La Cina possiede ora il capitale e continuerà a progredire a prescindere da tutto. Ora tocca agli Stati Uniti fare una scelta: continuare a giocare d’azzardo o cambiare rotta e riprendere la cooperazione?”.

Ma, come osservato nelle scorse settimane su Formiche.net, il fatto che il Mate 60 Pro – assente illustre del recente maxi evento Huawei – sia andato subito in esaurimento e i dubbi riguardo alla sua disponibilità suggeriscono che Smic sia in grado di produrre il Kirin 9000S solamente in quantità limitate, secondo diversi analisti. Infatti, le aziende cinesi sembrano ancora indietro di anni nella produzione dei sistemi di litografia necessari per compiere nuovi passi avanti, come scrive il South China Morning Post: le macchine di litografia ultravioletta estrema necessarie per produrre chip avanzati oggi provengono da una sola azienda, l’olandese Asml Holding.

Ecco, dunque, che inizia a serpeggiare un dubbio. Non è che Pechino ha scommesso forte su un chip difficile da commercializzare soltanto per convincere Washington a cancellare le sanzioni e ora teme che queste, al contrario, vengano inasprite?

(Foto: Huawei)

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