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Se Washington mostra tutti i suoi limiti nel seguire e decodificare tutte le dinamiche interne al mondo arabo e islamico, Bruxelles non se la passa molto meglio. La differenza però è che la Ue né sta perseguendo politiche di crescita né ha alternative strategiche alla relazione con i paesi del Nord Africa e del Medio Oriente.

Il Mediterraneo sarebbe il “mare nostrum” ma in nome di una ormai endemica ipocrisia i governi europei hanno scelto di minare tutti i ponti diplomatici (ufficiali, salvo tentare, soprattutto Francia, Germania e Inghilterra, relazioni bilaterali parallele) rifiutando di comprendere la complessità dei nuovi equilibri che si stanno determinando dentro la galassia sunnita, negli sciiti e nei salafiti per non parlare delle alleanze (e delle divisioni) fra i movimenti jihadisti e il network-franchising di Al Qaeda.

Tutto questo con l’aggravante della costante sottovalutazione del contesto della sicurezza di Israele e la irresponsabile negazione di un problema comunitario in materia di immigrazione e sicurezza. L’Italia, che è la principale frontiera di flussi migratori clandestini che presentano infiltrazioni di criminali comuni e terroristi, è lasciata sola e la stessa funzione di antiterrorismo è rimasta fra le competenze nazionali. Su questo tema, Roma dovrebbe fare le barricate e pretendere una assunzione di corresponsabilità da parte di tutta l’Unione Europea.

Invece ci sentiamo soddisfatti di aver disposto un embargo nel commercio delle armi all’Egitto, una misura del tutto inutile sul piano della limitazione della violenza ma che certamente non favorisce il dialogo con l’esercito egiziano che infatti non si mostra in alcun modo preoccupato degli appelli europei. Il risultato di questa miopia è quello di consegnare il Paese ad una influenza crescente di soggetti diversi (Arabia Saudita in testa). Cui prodest?

Francamente viene difficile pensare che Fratelli musulmani, Qatar e Turchia saranno così riconoscenti nei confronti di Bruxelles se comunque si rivela un soggetto ininfluente. In questo contesto, fatto bella mostra di adesione ai valori di rispetto integrale dei diritti civili come Unione, gli Stati nazionali dell’Europa si organizzano con la regola aurea e mai tramontata del “ciascuno per se” avviando trattative “dirette” in cui si negoziano gli interessi economici ben al di là della retorica dei diritti. In questa partita, purtroppo, il nostro Paese è doppiamente debole perché meno incline a fare sistema nazione e perché meno permeabile alle ragioni del realismo.

Insomma, l’impressione è ancora una volta i governi europei abbiano lavorato contro la Ue e l’Italia contro i suoi stessi interessi. Tutto come previsto, si dirà. È vero ma la delusione brucia. L’irrilevanza è la peggiore condizione per una sovranità. È l’umiliazione della politica.

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