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A forza di sentire, guardare, toccare Papa Francesco i giovani di Rio rischiano di scivolare in una trappola dalla quale può risultare difficile liberarsi. E’ quella di chi si crogiola nelle proprie confortanti debolezze, senza trovare la forza di cambiare la situazione. L’atteggiamento sarebbe comprensibile, data la crisi che colpisce soprattutto chi è in giovane età; e soprattutto dati gli annunci da parte di politici, europei e non, che al netto di promesse elettorali da realizzarsi d’imperio o per decreto, lisciano il pelo di chi si aspetta che qualche briciola caschi un giorno dal tavolo, senza in realtà muovere alcunché. Ma cozzerebbe con quanto il Papa chiede, dall’inizio del suo pontificato e della Gmg brasiliana soprattutto: parole che, se puntano sull’accoglienza e l’incontro, sono tutt’altro che accondiscendenti verso i giovani in difficoltà.

Stretto con loro un “patto di solidarietà” sul volo Roma-Rio de Janeiro, attorno alla contrizione per una situazione difficile e al rischio che “oggi ci troviamo di fronte a una generazione che non ha avuto un lavoro”, e mostrando quindi tutta la sua prossimità a chi vive purtroppo nella “cultura dello scarto”, da quando ha messo piede in terra carioca Francesco non ha mancato di sferzarli, quei giovani. A modo suo, con l’allegria e l’energia latina che tutti stanno imparando a conoscere, ma senza remore.

Ha iniziato dalla cerimonia nel palazzo di Guaranaba, il 22 luglio, davanti al presidente carioca Dilma Rousseff, esortandoli a farsi discepoli. Certo, ai giovani va garantito spazio, ha detto il Papa, “tutelandone le condizioni materiali e spirituali; dando loro solide fondamenta su cui costruire la vita; garantendo la sicurezza e l’educazione; trasmettendo valori duraturi”, ma soprattutto “svegliando in loro le migliori potenzialità per essere protagonisti del domani e corresponsabili del destino di tutti”. E questo, secondo Francesco, perché “Cristo ha fiducia nei giovani e affida loro il futuro della sua stessa missione: ‘Andate, fate discepoli’; andate oltre i confini di ciò che è umanamente possibile e generate un mondo di fratelli”.

Poi è arrivata la visita storica all’ospedale São Francisco de Assis, una struttura sanitaria per coloro che cercano di uscire dalla tossicodipendenza, con una esortazione rivolta a chi era in cura, ma che non può non riguardare tutti i giovani: “sei protagonista della salita; questa è la condizione indispensabile! – è stata la scossa di Bergoglio, in uno degli appuntamenti che più rimarranno nell’immaginario collettivo di questa Gmg e, probabilmente, del suo pontificato – Troverai la mano tesa di chi ti vuole aiutare, ma nessuno può fare la salita al tuo posto. Non siete mai soli!”.

Concetti ripetuti nella favela di Varginha il 25 luglio, in un lembo di terra paragonato alla “striscia di Gaza” per le efferatezze che vi si commettono, ma – dicono le autorità – oggi “bonificato” dalla presenza dei narcos e del traffico di droga: “non scoraggiatevi mai, non perdete la fiducia, non lasciate che si spenga la speranza. Cercate voi per primi di portare il bene, ha rimarcato Francesco, di non abituarvi al male, ma di vincerlo con il bene. La Chiesa vi accompagna, portandovi il bene prezioso della fede, di Gesù Cristo”.

Infine, l’incontro di ieri con i giovani argentini nella cattedrale di San Sebastian e quei quattro “voglio” quasi da rock-star: “voglio che vi facciate sentire nelle diocesi, voglio che si esca fuori, voglio che la Chiesa esca per le strade, voglio che ci difendiamo da tutto ciò che è mondanità, immobilismo, da ciò che è comodità, da ciò che è clericalismo, da tutto quello che è l’essere chiusi in noi stessi”, ha gridato il Papa. “I giovani devono emergere, devono farsi valere; i giovani devono uscire per lottare per i valori”. E ancora, alla grande festa di accoglienza sulla spiaggia Copacabana, dove erano circa 1 milione quelli accorsi per ascoltarlo: “metti fede, metti speranza, metti amore! Soprattutto, metti Cristo nella tua vita, metti in Lui la tua fiducia e non sarai mai deluso!”.

Il bilancio della Gmg, finora, parla di una chiamata in causa diretta per i giovani, senza le scorciatoie della commiserazione o le illusioni del volontarismo. Qualcuno magari, in un accenno pan-politicistico, parlerà di un Papa “kennedyano” che esorta a non chiedersi che cosa la nazione può fare per noi, ma che cosa noi possiamo fare per la nazione. Più semplicemente si dirà di un Papa apostolico (“delle genti”, “delle folle”, “pastore”, per ricordare alcuni degli epiteti che già gli vengono affibbiati in questi giorni), che richiama le Scritture e quella “parabola dei talenti” del Vangelo di Matteo che invita tutti a non sprecare le qualità avute in dono. Il vero “patto generazionale” tra i giovani, che devono prendersi ciò che meritano, e gli anziani, custodi dei valori, lo sta realizzando a Rio Papa Francesco.

 

Ecco come Papa Francesco scuote i giovani di Rio

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