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Il silenzio di Israele sulla situazione in Egitto era motivo di sospetto. Golpe o non golpe, il premier Benjamin Netanyahu aveva dato ordini precisi ai suoi ministri di non fare nessun commento su quanto stava accadendo nel vicino Paese. E non per mancanza di preoccupazione, ma per strategia. “La vicenda appartiene ai problemi interni dell’Egitto. Israele segue i fatti da vicino, ma non ha nessuna intenzione di intervenire”, aveva detto un portavoce del governo.

Sul quotidiano israeliano Yediot Ahronot, un diplomatico (scegliendo di rimanere anonimo) ha detto che la posizione di Israele rispetto al caos egiziano è simile a “una partita di poker particolarmente snervante”. Prima dell’ordine di tacere di Netanyahu, il ministro della Difesa Benjamin Ben-Eliezer aveva rilasciato una dichiarazione controversa a favore dei militari egiziani: “Il regime bizzarro dei Fratelli Musulmani è giunto alla fine. Se un candidato laico vincerà le prossime elezioni avrà un impatto fondamentale su tutto il Medio Oriente”. Quello che succede in Egitto ha un impatto immediato e inevitabile in Israele, Cisgiordania e Gaza.

Secondo il quotidiano israeliano Haaretz, Tel Aviv ha abbattuto uno dei suoi droni sul confine con l’Egitto a causa di un guasto tecnico. Si tratta del modello Hermes 450, uno dei principali mezzi di spionaggio e di raccolta di immagini aeree di Israele. L’azione è stata compiuta domenica per un malfunzionamento del motore. Un’ulteriore conferma che le forze di sicurezza israeliane raccolgono continuamente dati nella zona.

L’inizio del conflitto

Secondo un’analisi di Anna Momigliano su Panorama.it, Israele non ha mai avuto un rapporto idilliaco con i Fratelli Musulmani. “Loro erano i nemici storici di Hosni Mubarak, il dittatore laico che fu il primo leader arabo a firmare un accordo di pace con Israele. Inoltre sono considerati molto vicini ad Hamas, gruppo terrorista che governa la Striscia di Gaza: inizialmente Hamas era nato proprio come “costola palestinese” dei Fratelli Musulmani”, ha scritto. Quindi, già da quando Morsi aveva vinto le elezioni, alcuni israeliani erano preoccupati. Il timore era che i Fratelli Musulmani avrebbero fatto saltare gli accordi di pace con Israele e sostenuto i loro “cugini” di Hamas. Questo non è successo grazie al sostegno degli Stati Uniti.

Il sostegno americano

Gli Usa danno circa 1,3 miliardi di dollari all’anno all’Egitto e il governo di Netanyahu non vuole – per questioni di sicurezza nazionale – che questo aiuto venga meno. Secondo Haaretz, la richiesta è stata presentata formalmente la settimana scorsa.

Da quando l’esercito egiziano ha sospeso le funzioni del presidente Morsi, il governo israeliano è rimasto in contatto permanente con Washington.

L’esercito egiziano è sulla frontiera per impedire che gli islamisti di Gaza entrino nel Sinai e si uniscano ai Fratelli Musulmani, un movimento che ha forti legami con Hamas.

La preoccupazione del Sinai

“L’instabilità crescente in Egitto renderà più difficile per le forze armate egiziane il controllo del Sinai”, ha scritto il quotidiano Yediot Ahronot. Il principale timore nel breve periodo di Israele è che il gruppo di jihadisti del Sinai approfittino della crisi per lanciare attacchi contro il sud di Israele. Concentrato sul processo di transizione e sui Fratelli Musulmani, l’esercito egiziano non avrà molto tempo e risorse per controllare la frontiera e gli elementi di Al-Qaeda nel Sinai e a Gaza.

Amos Harel, uno dei più noti analisti militari, ha rassicurato su Haaretz: “I canali di coordinamento tra l’esercito e l’intelligence egiziani e le forze di sicurezza di Israele hanno continuato ad operare questa settimana. Le due parti continuano a lavorare insieme alla stabilizzazione del Sinai e a mantenere la calma tra Israele e Hamas lungo la Striscia di Gaza”.

antisemitismo radici

L’ombra di Israele sul caos egiziano

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