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Sulla ricapitalizzazione diretta l’Ecofin è arrivato ad un punto: 60 miliardi saranno le risorse con cui si potrà decidere un salvataggio diretto degli istituti di credito evitando passaggi di consegne con gli Stati nazionali.

Ma, per i governi, lo spettro delle banche non finisce qui. Il loro intervento sarà comunque necessario per livelli di capitalizzazione inferiore al 4,5% e in misura parziale anche per i gruppi che quel criterio lo rispettano.

Il nodo di cui l’Ecofin discute oggi è un altro. Chi paga nel caso di fallimento ordinato? E su questo punto, in Lussemburgo, a regnare è tutto tranne l’ordine.

L’eurozona quindi mette un nuovo mattone nella costruzione dell’unione bancaria e dà il via libera alla ricapitalizzazione diretta delle banche da parte del fondo salva-Stati Esm: una mossa che aiuterà a interrompere il “circolo vizioso” tra banche e debiti sovrani, perché l’Esm non farà più prestiti ai governi aumentandone i passivi ma darà i fondi direttamente alle banche.

Il tetto dell’Esm

Ma il tetto dell’Esm è molto stretto: 60 miliardi di euro a disposizione di tutte le banche dell’eurozona (la sola Spagna ne ha chiesti e ottenuti 80-100) e quindi i ministri dovranno andare avanti anche con la costruzione dell’altro strumento per limitare l’impatto delle crisi bancarie, cioè il “meccanismo di fallimento ordinato” delle banche, che si discute oggi a 27 nell’Ecofin.

L’Esm dovrebbe intervenire nel caso in cui uno Stato non è riuscito da solo a risolvere i problemi delle sue banche: ma “prima della ricapitalizzazione diretta ci sarà un livello adeguato di ‘bail-in”, cioè assorbimento delle perdite interno alla banca stessa, ha spiegato il presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem. E anche lo Stato contribuirà al salvataggio nell’ordine del 20% delle necessità complessive per i primi due anni, e del 10% per i successivi.
Per quanto riguarda la retroattività del contributo Esm, si valuterà caso per caso.

Le due tappe dell’Unione bancaria: sorveglianza e salvataggio

Molto soddisfatta dell’esito dei lavori di oggi la delegazione italiana, perché i risultati ”sono in linea con le attese”, fa sapere. Ma la costruzione dell’unione bancaria è un terreno minato. I 27 ministri devono definire tutte le regole del nuovo meccanismo unico di “fallimento ordinato” delle banche, e la struttura del “fondo di risoluzione”, cioè quello che interviene nell’ultima fase del meccanismo. Quando un istituto è in forte crisi e a rischio crack, l’Ue vuole definire un meccanismo di salvataggio preciso che eviti agli Stati (o all’Esm quando entrerà in vigore la ricapitalizzazione diretta) di intervenire.

E’ la seconda tappa dell’unione bancaria, la prima era la supervisione unica che dovrebbe diventare operativa nell’autunno del 2014. E la Bce chiede a gran voce di fare questo nuovo passo, perché quando diventerà il supervisore delle banche, vuole che sia già in piedi un meccanismo per “risolverle”: teme infatti di trovare situazioni “critiche” dopo la prima “asset review”, che potrebbero mettere in difficoltà i Paesi.

Le posizioni sul tema del fallimento ordinato

Il meccanismo di “fallimento ordinato” vuole dividere le perdite prima tra gli azionisti, poi tra gli obbligazionisti (prima senior poi junior) e infine andare a pesare sui depositi fatti salvi quelli sotto i 100mila euro. Ma Francia e Gran Bretagna, ad esempio, chiedono una certa “flessibilità” ovvero la possibilità di decidere caso per caso chi coinvolgere nel salvataggio. Altri, come la Germania, chiedono invece regole fisse per evitare eccessiva frammentazione, e l’Italia che vuole invece si escludano gli obbligazionisti.

Chi pagava fino a oggi

Con le regole precedenti, le risorse per i salvataggi nell’eurozona erano indirizzate solo ai governi nazionali, che potevano poi gestirli autonomamente per sostenere il sistema bancario. Ma questo meccanismo accresceva il debito statale, causando quel circolo vizioso per cui anche Paesi dai bilanci solidi erano messi a dura prova dal collasso delle banche.

Lo spostamento del debito

Il nuovo sistema potrebbe spostare un po’ di quel debito sull’Esm. Per le banche che hanno un Tier 1 inferiore al 4,5%, saranno gli Stati a dover far fronte alla ricapitalizzazione, fino a quella soglia, affinché possa poi intervenire l’Esm. Per gli istituti che invece rispettano già quel criterio a livello patrimoniale, lo Stato dovrà contribuire al 20% delle risorse necessarie. E dopo un intervento di due anni dell’Esm, quel coinvestimento nazionale scenderà al 10%. Queste regole possono tuttavia essere sospese in “casi eccezionali”.

L’Irlanda primo Paese ad usufruire?

L’Irlanda, che ha speso più di 60 miliardi di euro per salvare le sue banche, secondo il Financial Times, è vista come il candidato numero uno per la ricapitalizzazione diretta da parte dell’Esm. Una possibilità che se realizzata potrebbe spostare miliardi di euro di debito dalle casse dello Stato a quelle dell’Esm. Ma il ministro delle Finanze di Dublino, Michael Noonan, non ha fatto nessun cenno alle sue intenzioni. “Abbiamo sempre sottolineato come l’Irlanda sia un caso eccezionale”, ha detto prima della riunione.

Ecofin, ma chi paga se fallisce una banca?

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