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Pubblichiamo grazie all’autorizzazione del gruppo Class Editori il commento di Marco Bertoncini apparso sul quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi Italia Oggi.

Da qualche giorno sui balconi della nuova sede centrale del Pdl, nel cuore di Roma, garriscono le bandiere del partito. Non quelle, però, del partito del predellino, presentatosi alle elezioni nel 2008 ottenendo 14 milioni di voti, contrattatisi a 7 milioni e mezzo quest’anno. Nossignore: quelle di Forza Italia, movimento che, poche settimane dopo la fondazione, nel 1994, ottenne oltre 8 milioni di suffragi.
Ebbene: sia Fi, sia il Pdl, sia la rinata Fi non sono veri partiti, ma semplicemente strumenti elettorali del loro fondatore.

Di fronte alle mutevoli e talora schizofreniche situazioni di questi giorni, c’è da restare accoratamente silenti: soltanto un personaggio come Silvio Berlusconi può permettersi di fare e disfare formazioni politiche, dettandone la linea e scegliendone gli uomini, senza sollevare reazione alcuna. Anzi, tutti gli s’inchinano e aspettano che lui decida.

È mai pensabile, fuori del berlusconismo, che un partito venga dissolto per ricostituirne un altro, nella più totale indifferenza degli organi dirigenti? Sì, ci saranno presto deliberazioni formali, anche delicate, perché la sopravvivenza del Pdl, sia pur burocratica, dovrà essere disciplinata (si pensi alle questioni legate ai dipendenti, al simbolo, alle sedi, ai gruppi parlamentari, regionali e consiliari). Si tratterà, però, di ratifiche di decisioni già assunte. Dirigenti, iscritti ed elettori del Pdl registreranno la scomparsa della propria formazione, sostituita da un’altra che già c’era stata prima. Le bandiere transiteranno dall’esposizione odierna in Roma (un’esposizione perfino anteriore alla rinascita di Fi), e dalla coesistenza con il simbolo del Pdl nel sito internet, alla diffusione in tutt’Italia.

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