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L’industria farmaceutica è leader in Italia per investimenti in ricerca e sviluppo. Ma il calo dei consumi e un quadro normativo rivisto più volte durante il governo Monti mettono a rischio l’occupazione farmaceutica nel Paese, con conseguenze per gli addetti R&S e per la salute dei cittadini, perché più del 90% della ricerca farmaceutica in Italia è sostenuta dalle imprese del farmaco.

Politiche per la valorizzazione di R&D

Per ”dare slancio” al settore del farmaco biotech in Italia è necessario ”un quadro normativo stabile, condizioni competitive con i principali Paesi europei con tempi più brevi per l’accesso e il pagamento e una politica che sappia valorizzare la capacità in ricerca e sviluppo”, ha affermato il presidente di Farmindustria, Massimo Scaccabarozzi, che ha presentato il rapporto 2013 sulle biotecnologie del settore farmaceutico.

Il nodo della copertura brevettuale

”Non ci può essere innovazione senza una tutela dei brevetti e senza norme stabili – ha spiegato – ad esempio lo scorso anno sono state fatte quattro azioni da parte del Governo con limitazioni all’industria farmaceutica e a volte le stesse Regioni attuano politiche restrittive che non tutelano le aziende sul territorio. Nel nostro Paese ostacoli regolatori e legislativi limitano o addirittura impediscono l’ accesso all’innovazione – ha sottolineato – con blocchi di carattere economicistico volti unicamente al contenimento della spesa pubblica”. Scaccabarozzi ha puntato il dito sui tempi lunghi per l’ introduzione sul mercato di un nuovo farmaco: 12/15 mesi per l’ autorizzazione nazionale dopo quella comunitaria, 12 per l’inserimento nei prontuari regionali e infine due per l’ effettivo utilizzo negli ospedali.

Gli investimenti a rischio

”Un ritardo che penalizza sia l’industria che i pazienti – ha proseguito -. Gli ostacoli descritti e una politica disattenta allontanano nuovi investimenti e pongono a rischio quelli esistenti – ha concluso – è necessario puntare sulla capacità di attrarre risorse fresche perché se le imprese decidessero di delocalizzare non ci guadagnerebbe nessuno”.

Il contributo dell’industria farmaceutica al Pil italiano

“L’Italia è il secondo Paese, dopo la Germania, per presenza industriale del settore farmaceutico. Ci sono 165 fabbriche sul territorio che producono per il mercato interno e per l’export, che ammonta al 65% del prodotto. Un dato rilevante per il Pil. E se oggi il dato sulla produzione resta positivo è proprio grazie all’export. La preoccupazione, infatti, è quella di assistere ad una delocalizzazione degli impianti industriali, con risvolti drammatici anche a livello occupazionale”, aveva infatti spiegato Scaccabarozzi in una conversazione con Formiche.net.

Il governo Letta e le attese dell'industria del farmaco

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