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Mancano meno di due mesi al primo viaggio internazionale di Papa Francesco. Dal 23 al 29 luglio sarà in Brasile, per la ventottesima Giornata Mondiale della Gioventù, la prima in Sudamerica dopo quella di Buenos Aires del 1987. Tappa centrale sarà Rio de Janeiro, dove si terranno i principali e più affollati appuntamenti: dalla Via Crucis con i giovani sul lungomare di Copacabana (venerdì 26 alle 18.00) alla grande veglia di preghiera del giorno successivo, fino alla messa conclusiva della domenica. Sarà anche la prima volta che il Pontefice non userà l’italiano ma il portoghese, come hanno anticipato fonti dell’episcopato locale. Lo farà per “dimostrare vicinanza al popolo”.

Tagliate le stime dei partecipanti
Sul successo della manifestazione, il quotidiano Folha ha sollevato qualche dubbio: le stime dei giovani in procinto di giungere a Rio sarebbero state tagliate da 4 a 1,2 milioni. Crisi economica e difficoltà negli spostamenti avrebbero dissuaso molti dall’affrontare il viaggio in Brasile. Secondo quanto riporta Vatican Insider, inoltre, gli iscritti ufficiali, fino a oggi, sono 220 mila.

Il problema delle sette

Come scrive il vaticanista John Allen sul National Catholic Reporter, l’evento brasiliano sarà il primo grande test per Francesco. Prima di tutto, il Papa dovrà affrontare il problema della crescita irrefrenabile delle sette evangeliche e pentecostali. Solo negli ultimi vent’anni, hanno stimato le conferenze episcopali dell’America latina, la chiesa cattolica ha visto un’emorragia di fedeli pari a circa 8mila persone al giorno verso i movimenti protestanti. Situazione particolarmente preoccupante in Brasile: i cattolici sono oggi il 68 per cento della popolazione, mentre nei primi anni Ottanta erano il 90. Una situazione che Claudio Hummes, già arcivescovo di San Paolo e poi Prefetto della Congregazione per il Clero, aveva fatto presente in occasione del Sinodo dei vescovi sull’Eucaristia del 2005, quando concluse l’intervento dicendosi incerto sul futuro cattolico del grande paese sudamericano. 

La “Grande missione continentale”
Sei anni fa ad Aparecida, in occasione della grande conferenza dell’episcopato continentale, questo tema fu posto al centro della discussione generale. Per combattere le sette, era necessario dare vita a una “Grande missione continentale” che ponesse al centro la vocazione missionaria e la necessità di iniziare una nuova opera di evangelizzazione. Un progetto in linea con ciò che a Roma diceva Benedetto XVI. Di quel documento il cardinale Jorge Mario Bergoglio, all’epoca arcivescovo di Buenos Aires, era uno degli estensori. Ma quella grande missione, nota Allen, è rimasta più un proposito sulla carta che un’idea accompagnata da fatti concreti. La diminuzione di cattolici continua e le sette vedono arrivare nuovi adepti.

I rapporti con il governo brasiliano
Che il Brasile sia diventato un terreno difficile per la chiesa cattolica è dovuto anche ai rapporti difficili con le autorità governative. Con la presidente Dilma Rousseff all’inizio non c’era sintonia: non appena si diffuse la voce della sua candidatura, l’episcopato locale si schierò contro l’erede designata di Luiz Inacio Lula perché dichiaratamente “abortista” – in Brasile l’aborto è permesso in caso di stupro e di minacce alla vita della madre – . La diocesi di Guarulhos rese noto un comunicato in cui si definiva Rousseff “il candidato della morte”. Poi, col passare dei mesi, la situazione è migliorata, anche perché il capo dello stato ha arginato le spinte favorevoli all’aborto e le richieste di legiferare in favore dei matrimoni omosessuali.
E sarà proprio Dilma Rousseff la prima persona che Papa Francesco incontrerà una volta giunto in Brasile, già poche ore dopo essere atterrato a Rio de Janeiro. Sarà nelle stanze di rappresentanza del Palazzo Guanabara che il Pontefice rievocherà i principi contenuti nel documento di Aparecida e attuati solo superficialmente.

Il programma di Papa Francesco a Rio

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