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Il commercio mondiale langue. La colpa è delle economie avanzate e dell’Europa stretta dalla crisi dell’euro. Ma a trainare i flussi restano gli Emergenti. Chi vuole investire li percepisce sempre meno rischiosi rispetto all’Occidente, il che permette loro, d’altro canto, di indossare i panni degli investitori. Ma un doppio binario dei flussi non esiste. Gli Emergenti giocano le loro carte fra di loro, evitando di restituire risorse preziose sotto forma di investimenti in Europa, ad esempio. La passione degli Emergenti, ormai, è tutta africana.

Il rallentamento del commercio mondiale

Come emerge dalla relazione annuale di Bankitalia, nel 2012 il commercio mondiale di beni e servizi è rallentato nettamente, crescendo di appena il 2,5% (dal 6,0% nel 2011), un valore molto inferiore al ritmo di espansione di lungo periodo (circa il 6% annuo nella media dell’ultimo ventennio). La moderazione degli scambi, in atto dalla primavera del 2011, è dipesa dalla contrazione della domanda nell’area dell’euro e dalla decelerazione dell’attività nelle principali economie emergenti.

Le previsioni dl Fmi per il 2013

Anche nei primi mesi del 2013 si è delineato un andamento debole del commercio mondiale, come si desume dal rallentamento delle esportazioni e dal ristagno delle importazioni nell’area dell’euro. Secondo le più recenti stime del Fondo monetario internazionale (Fmi), nel complesso del 2013 gli scambi mondiali di beni e servizi continuerebbero ad aumentare ad un ritmo modesto (3,6%).

Diminuisce la distanza nell’appeal tra avanzati ed emergenti

La competitività di costo e la dimensione del mercato locale, sottolinea Via Nazionale, sono le principali determinanti della capacità dei Paesi di attrarre investimenti produttivi dall’estero e spiegano in larga misura la crescita della quota di Ide (investimenti diretti esteri) destinati alle economie emergenti. Recenti analisi empiriche hanno, tuttavia, evidenziato il contributo di variabili quali la tutela fornita dal sistema legale e l’efficienza della burocrazia nei paesi di destinazione. In questo ambito, i dati raccolti dalla Banca Mondiale per l’indagine Doing Business, mostrano un avvicinamento delle economie emergenti a quelle a più alto reddito tra il 2005 e il 2012, pur con andamenti differenziati tra aree e paesi. Progressi particolarmente rilevanti si sono manifestati in alcune economie dell’Europa orientale (Polonia, Repubblica Ceca, Georgia) e dell’Asia (Cina e India), che figurano tra i principali ricettori di Ide negli anni recenti.

Gli Emergenti sempre più investitori diretti

Seppur in misura meno pronunciata, il ruolo delle economie emergenti è cresciuto anche come fonte di investimenti. L’incremento è dipeso in gran parte dai paesi Brics (Brasile, Russia, Idia Cina e Sud Africa), che nel 2012 hanno dato origine a quasi il 10% dei flussi mondiali. I flussi di investimenti dei Paesi Brics sono in misura rilevante destinati alle economie avanzate (circa il 40%) e a quelle emergenti più vicine (il 43%), nelle quali vanno spesso a finanziare le filiere regionali della propria produzione manifatturiera.

Il focus sull’Africa

Le multinazionali dei Brics, inoltre, sono sempre più presenti in Africa; la loro quota sulle consistenze di Ide in entrata ha raggiunto quasi il 15% sui flussi il 25%; gli investimenti nel settore primario, specialmente nel comparto estrattivo, rappresentano una parte cospicua del totale (26% circa).

L'Europa? Povera e senza appeal per gli Emergenti

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