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Le operazioni di fusioni e acquisizioni, in gergo finanziario m&a, rendono di più in fasi di crisi, come quella attuale. Ed è per questo motivo che le imprese finanziariamente più sane non dovrebbero lasciarsi sfuggire l’occasione rappresentata da questi tempi di incertezza economica per ottenere ritorni maggiori. E’ questa la conclusione cui perviene uno studio di Carefin Bocconi e Goldman Sachs, presentato il 5 giugno nell’ateneo milanese.

I numeri dello studio

Il paper contiene un’analisi di Stefano Gatti e Carlo Chiarella del Carefin, che passa al radar 1.248 operazioni di m&a dal valore medio di 1 miliardo di euro condotte in Europa dall’inizio 2001 alla fine 2012, in cui sia l’impresa acquirente sia quella target erano quotate in Borsa. E proprio dallo studio emerge che le 348 operazioni di fusione e acquisizione portate a termine nei periodi di crisi seguiti all’esplosione della bolla tecnologica del 2002, a quella del mercato immobiliare del 2008 e alla crisi dei debiti sovrani del 2011 hanno conseguito extra-rendimenti doppi rispetto alle 900 operazioni concluse in tempi normali, se non addirittura in fasi economiche “di vacche grasse”. Sempre secondo il paper, a 180 giorni dalla conclusione dell’operazione, le azioni delle imprese acquirenti battono il mercato del 2,62% nei periodi di tranquillità economica e del 5,34% nei tempi di crisi.

L’incertezza come finestra di opportunità

Un risultato che appare in palese contrasto con l’evidenza per cui in tempi di incertezza economica il numero delle operazioni di m&a diminuisce sensibilmente. Da una parte, infatti, come evidenziato dagli autori dello studio, “la turbolenza economica rende più difficile la valutazione delle imprese target, pregiudica il valore dell’esperienza dell’acquirente in operazioni dello stesso genere e complica la fase post-integrazione”. Dall’altra, però, “i tempi di crisi rappresentano una grande finestra di opportunità per i compratori migliori, ovvero le imprese finanziariamente sane che dispongono di liquidità, hanno forte potere contrattuale e possono perciò permettersi di scegliere i target migliori”.

Cosa succede all’estero

Sempre secondo il paper, l’andamento storico del numero e del valore delle operazioni concluse dal 2007 al 2012 mostra che le imprese americane, giapponesi e asiatiche hanno saputo reagire alla situazione di incertezza e, dopo il calo generalizzato registratosi tra fine 2008 e inizio 2009, hanno riassorbito lo shock e sono tornate sul mercato. A non sfruttare l’opportunità di crescita esterna offerta dal mercato dell’m&a sono, invece, le aziende europee: basti pensare che nel terzo trimestre del 2007 l’Europa rappresentava il 42% del mercato mondiale delle fusioni e acquisizioni, mentre la percentuale è crollata al 21% nel quarto trimestre del 2012, vale a dire in piena crisi.

L’intervento di Andrea Bonomi di Investindustrial

Oltre a Gatti, hanno presenziato alla discussione dello studio Giovanni Gorno Tempini, amministratore delegato di Cassa Depositi e Prestiti, Valerio Battista, ad di Prysmian, Emanuela Cancogni, partner di Egon Zehender, Massimo Della Ragione, partner, co-head per l’Italia di Goldman Sachs, Gregg Lemkau, co-head globale sull’m&a per Goldman Sachs, e Andrea Bonomi, numero uno del fondo di private equity Investindustrial nonché presidente del consiglio di gestione di Banca Popolare di Milano. Nel suo intervento, Bonomi ha posto l’accento sulla necessità, per le aziende italiane, di diventare internazionali e globali. “Non c’è futuro per il private equity – ha detto Bonomi – se non si spende denaro per gli investimenti e non si punta sul prodotto. E’ quel che noi abbiamo fatto in Ducati”. Il patron di Investindustrial ha, infatti, più volte citato la vendita di Ducati al gruppo Audi e anche la recente acquisizione di Aston Martin da parte del fondo.

Bonomi e il possibile ingresso in Rcs

Da segnalare anche un piccolo riferimento, sempre nel corso dell’intervento di Bonomi, a Rcs, il gruppo editoriale che tra l’altro pubblica il Corriere della Sera, nella parte del discorso in cui parlava di eventuali operazioni su società di piccolo cabotaggio. Non solo: interpellato dai giornalisti a margine dell’evento sull’m&a, Bonomi ha risposto con un sibillino “mai dire mai” a chi gli domanda di un eventuale ingresso di Investindustrial in Rcs. Indiscrezioni recenti, del resto, avevano dato il fondo tra i potenziali nuovi azionisti in arrivo con l’aumento di capitale da 400 milioni che sta per prendere il via.

Comprate, fondetevi, e la crisi passerà. Parola di Bocconi e Goldman Sachs

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