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L’annuncio dello stop all’Imu da parte del neopremier Enrico Letta è arrivato, per la gioia di Silvio Berlusconi che ne aveva fatto il suo cavallo di battaglia, anche se ora Pd e Pdl bisticciano su abolizione tout court o sospensione temporanea. Ma se sulle risorse necessarie per la copertura finanziaria della sospensione del suo pagamento a giugno ci sono ancora molti dubbi, le certezze riguardano gli effetti di tale decisione di politica economica.

Non tutte le imposte sono dannose allo stesso modo

E’ Carlo Stagnaro, direttore studi e ricerche dell’Istituto liberista Bruno Leoni, a sottolineare, in una conversazione con Formiche.net, i motivi per cui sarebbe più necessario ridurre altre imposte e non l’Imu. “La bassa crescita italiana deriva da molteplici cause, delle quali l’elevata pressione fiscale è senza dubbio una delle principali. In astratto, qualunque taglio d’imposta va accolto con favore, ed è preferibile a nessun taglio d’imposta. Tuttavia, sarebbe ingenuo e sbagliato ignorare un altro aspetto della questione: tutte le imposte sono dannose, ma non tutte lo sono allo stesso modo”, spiega.

Il confronto con la tassazione media europea 

“Alcune imposte sono peggiori di altre – prosegue -. In particolare, tutte le statistiche mostrano come l’Italia sia ai primi posti al mondo per il peso della fiscalità su lavoro e impresa. Al contrario, è in linea con la media europea per quanto riguarda la tassazione degli immobili. Questo semplice fatto dovrebbe indurre a concentrare tutte le risorse disponibili nella riduzione di imposte come l’Irap, l’Irpef e l’Ires. L’Irap, in particolare, è terribilmente distorsiva, perché la sua base imponibile non sono gli utili di un’azienda, ma i suoi costi, soprattutto il costo del lavoro”.

Il dibattito sull’Imu sulla prima casa e non sugli immobili strumentali

Anche l’Imu “ha pesanti conseguenze negative sulle imprese, in quanto si applica agli immobili strumentali. Purtroppo, quando si discute della sua abolizione o rimodulazione non è di questo che si parla, ma dell’Imu sulla prima casa, e ciò in virtù di pregiudizi religiosi e privi di un fondamento razionale. In sostanza secondo Stagnaro, “la frase ‘la prima casa è sacra’ non ha più fondamento della frase ‘i gatti neri portano sfiga’”.

Come utilizzare le risorse Imu

Una prima ragione per non toccare l’Imu sulla prima casa “è, dunque, che le stesse risorse possono avere effetti pro-crescita molto più significative se utilizzate per ridurre altre imposte. Poiché, almeno nel breve termine, i tagli di spesa effettivamente realizzabili appaiono contenuti (ottimisticamente si può parlare di una decina di miliardi di euro per l’anno in corso, e sarebbe già una conquista) bisogna prestare la massima attenzione a farne l’uso migliore – precisa Stagnaro -. Nel medio termine, si può fare molto di più – nell’arco di una legislatura si può puntare a ridurre la spesa di almeno 6 punti di Pil, ma è difficile che questo governo e questo parlamento possano o vogliano arrivare a tanto, ma, anche in tal caso, sarebbe meglio destinare tutte le risorse così ricavate all’abolizione o riduzione di imposte quali l’Irap, l’Irpef, l’Ires, la Robin Tax, ecc”.

Il ruolo dei sindaci

La seconda ragione? Secondo il direttore delle ricerche dell’Istituto Bruno Leoni “è legata alla nostra architettura istituzionale. Piaccia oppure no, l’Imu è il principale tributo locale. E’ essenziale lasciare ai sindaci la massima autonomia in quel senso, perché è l’unico modo di responsabilizzarne il comportamento. Più i comuni vivono di finanza derivata, e più il ‘buon sindaco’ è quello che riesce a spendere tanto (perché è in grado di ottenere trasferimenti da Roma). Viceversa, più i comuni dipendono dalla fiscalità locale, e più il “buon sindaco” è quello che riesce a spendere bene (perché ogni euro speso è tolto dalle tasche dei suoi elettori, i quali gliene chiederanno conto). Il fatto stesso che l’Imu sia il risultato inevitabile, ovvio e diretto dell’abolizione dell’Ici dovrebbe del resto sollevare qualche cautela”.

Meno Imu grazie all’aumento di altre tasse? Ipotesi da bocciare

Ma ecco l’errore più grande. “Non voglio neppure prendere in considerazione, infine, l’ipotesi di finanziare la riduzione dell’Imu con l’aumento di altre tasse. Da un lato, l’effetto aggregato sarebbe indifferente perché la pressione fiscale resterebbe agli attuali livelli record. Dall’altro, se davvero si pensa alla tassazione di alcol, tabacchi e gioco, non si può non vedere che siamo già oltre il livello di guardia, e che ogni per quanto timido spostamento verso l’alto spingerà sempre più consumatori verso il mercato nero, con tutte le conseguenze del caso sulla salute, la sicurezza e, non ultimo, il gettito fiscale”.

Tagliare la spesa e ridurre le imposte peggiori

Per Stagnaro, insomma, è il momento delle scelte coraggiose, e bisogna compierle su due fronti. “Primo: tagliare la spesa in modo strutturale. Secondo: usare ogni euro per ridurre le imposte a partire da quelle peggiori, e l’Imu (fatto salvo che per gli immobili strumentali delle imprese) non è certamente nella top 5”, conclude.

I tagli più urgenti? Quelli a Irap e Irpef (non l'Imu). Parla Stagnaro

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