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L’Italia chiede più Europa. È questo il leit motiv del governo di Enrico Letta, che prova a tenere fede agli impegni presi con Bruxelles, senza abbandonare l’idea della crescita.

Un sentiero stretto, che ha portato più volte l’Italia a reclamare un allentamento dei vincoli di bilancio concordati, come fatto da Francia e Spagna. Sulle spalle della Penisola pesa però l’enorme debito pubblico che, come rilevato dall’Ocse e da altri osservatori, rimane il problema numero uno del Paese.

Nel suo intervento di oggi al Senato, il premier ha rilanciato l’idea di una nuova Unione europea, sottolineando come quella attuale “non basti”. “Vogliamo molto di più e molto meglio” ha detto, aggiungendo che l’Italia cercherà di farsi prima interprete di “un europeismo attivo, di proposta e cambiamento“. “Cercheremo – ha aggiunto – di sventolare la bandiera di un’Europa che costruisce il futuro e dà risposte concrete. Tangibili, durature”.

UNA SVOLTA POLITICA
Letta ha evidenziato il bisogno di un’Europa al servizio dei cittadini e più attenta a costruire nuovi percorsi, “meno lenta nel recepire le innovazioni politiche e nel tentare vie nuove rispetto a quelle già battute. Non serve stravolgere i Trattati”. Noi, ha aggiunto, “siamo bloccati, mentre altri, Stati Uniti e Giappone in testa, intraprendono per primi – ha sottolineato – strade politiche non convenzionali, senza ingessature procedurali”.

IL PIANO FALLITO
Enrico Letta ha provato a costruire in queste prime settimane di governo un fronte europeo di paesi in marcia contro l’austerità merkeliana. Si è però scontrato con i tentennamenti del presidente François Hollande, in difficoltà per la situazione economica della Francia entrata ufficialmente in recessione, ma scettico, almeno per ora, rispetto a una totale rottura politica con la Germania.

LA LEGITTIMAZIONE DEMOCRATICA
Il presidente del Consiglio ha rimarcato l’eccezionalità della fase che vive il continente, un momento in cui “o c’è una accelerazione o l’Europa implode”, perché “non più reggere“. “Così implode – ha aggiunto – e la faranno implodere i cittadini con il prossimo voto europeo”, che si terra dal 22 al 25 maggio 2014.
Quella della “legittimazione democratica” è una questione fondamentale “su cui – ha osservato – o l’Europa finisce in un vicolo cieco o svolta verso gli Stati Uniti d’Europa“, “l’Europa non può più andare avanti come è ora, con alcuni passi avanti e timidezze“.

L’APPELLO DI SAVONA
La rivisitazione dei Trattati nel solco di una maggiore legittimazione democratica e la possibilità di una migliore integrazione politico-economica dell’Unione esposte da Letta trovano ampia condivisione nella società italiana. Continua a raccogliere adesioni l’Appello per un nuovo trattato europeo promosso dall’economista Paolo Savona. Il documento è rivolto alla classe politica, ma è aperto al sostegno e al contributo di tutti. Tra i primi firmatari un gruppo di economisti, intellettuali, studiosi e giornalisti.

LE OPINIONI DEGLI ECONOMISTI
Il dibattito sulla necessità di costruire nuovi percorsi europei coinvolge diversi economisti e intellettuali italiani. Per l’economista neokeynesiano Riccardo Realfonzo è tempo che l’Italia si organizzi con gli altri paesi in difficoltà per imporre a Bruxelles un cambio di rotta. Lo storico ed economista Giulio Sapelli ritiene fallimentare il ruolo dei governi socialisti nella costruzione di un’alternativa di governo europeo. L’ex ministro per le politiche comunitarie Giorgio La Malfa si dice invece convinto della necessità di rivedere i trattati, avvertendo però sui rischi che una negoziazione poco attenta può portare in ottica futura.

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