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Luglio s’avvicina, “col bene che ti voglio” certo, ma anche con l’aumento dell’aliquota Iva al 22% dal 21% come deciso con il decreto legge 2012/2011. Il governo infatti non sa dove scovare i due miliardi che servono per scongiurare la “stangata” dell’Iva. E così il decreto che avrebbe dovuto bloccare lo scatto dell’imposta sui consumi il primo luglio è destinato a restare in attesa. Le priorità del premier Letta e del ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, d’altra parte, sono state la sospensione dell’Imu e il rifinanziamento della Cig. Il resto può attendere, in sostanza.

Le conseguenze dell’aumento dell’aliquota Iva

Ma in vista di luglio a scaldarsi sono anche le polemiche. Non mancano quelle del presidente dei deputati del Pdl, Renato Brunetta. “L’aumento della aliquota ordinaria da 21% a 22% provoca un complesso di reazioni non facilmente separabili tra loro, tra queste le principali sono: si riducono in valore assoluto i consumi e, con loro, il gettito Iva; si modifica l’assetto dei consumi con una ricomposizione verso beni essenziali, caratterizzati da aliquote più basse; si allarga la forbice di disparità economica e sociale tra le famiglie; aumenta l’evasione fiscale con un ‘sommerso di ritorno’. Occorre quindi una attenta valutazione delle decisioni adottate e un monitoraggio continuo del loro impatto sull’economia e sui consumi”, spiega in un report.

Il calo delle entrate Iva nel primo trimestre 2013

D’altra parte, sottolinea Brunetta, “dai dati pubblicati dal Ministero dell’economia risulta che già nei primi tre mesi dell’anno le entrate Iva del 2013 siano inferiori di 1,9 miliardi di euro (pari a – 8,6%) rispetto allo stesso periodo del 2012. Tale riduzione è dovuta alla variazione negativa degli scambi interni (–5,0%) e delle importazioni da Paesi extra Ue (–22,9%). Su base annua se prosegue l’andamento registrato nel primo trimestre questa riduzione delle entrate Iva può raggiungere dimensioni particolarmente significative”.

L’andamento delle partite Iva dopo la riforma Fornero

A fronte della riduzione delle entrate Iva “si registra un progressivo ampliamento delle posizioni Iva legato in modo particolare agli effetti della riforma delle collaborazioni a progetto. Il 51% dei contribuenti Iva è al di sotto di 15 mila euro e tra gennaio e dicembre del 2012 sono state aperte circa 549 mila nuove partite Iva; in confronto al 2011 si registra un leggero incremento (+2,2%)”, osserva Brunetta.

“La distribuzione per natura giuridica mostra che i tre quarti delle aperture sono dovute alle persone fisiche, (+6% rispetto al 2011), le società di capitali diminuiscono di circa il 6% e
le società di persone retrocedono di un 10%. Nel primo trimestre 2013 si registra un rallentamento del -9,6% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente”.

Le aliquote Iva nei Paesi europei

“L’Unione Europea – sottolinea l’esponente del Pdl – cerca da tempo di promuovere, con il Libro Bianco del 1985, una razionalizzazione delle aliquote Iva (un’aliquota ordinaria non inferiore al 15% e non superiore al 25%, e una ridotta, per alcune operazioni, purché non inferiore al 5%) in vista dell’adozione di una unica aliquota. I livelli restano tuttavia diverse nei principali Paesi europei, con un’aliquota ordinaria che si attesta al 20% nel Regno Unito, al 19,6% in Francia, al 18% in Spagna e al 19% in Germania”, conclude.

Iva, gli effetti nefasti dell'aumento. I numeri di Brunetta

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