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“Gli Stati Uniti e l’Italia collaboreranno allo sviluppo dell’India-Middle East-Europe Economic Corridor (Imec), uno dei più grandi progetti di integrazione e connettività economica di questo secolo, che collegherà partner attraverso porti, ferrovie e cavi sottomarini, stimolando lo sviluppo economico e l’integrazione dall’India, al Golfo, a Israele, fino all’Italia e, infine, agli Stati Uniti” si legge in una parte della dichiarazione congiunta dei leader statunitense e italiano, dopo il primo incontro bilaterale tra il presidente degli Stati Uniti Donald Trump e la presidente del Consiglio italiana, Giorgia Meloni.

Sembrerebbe che tutte le strade portino a Roma, dove la triste dipartita di papa Francesco si unisce a dinamiche politiche separate che hanno per esempio il vicepresidente degli Stati Uniti J.D. Vance, insieme alla sua famiglia, visitare la capitale italiana il giorno dopo il viaggio di Meloni a Washington, per trascorrere il Venerdì Santo nella Città Eterna. La visita di Vance a Roma e poi a Nuova Delhi indica la nuova centralità di queste due città nel calcolo geopolitico della Casa Bianca di Trump. Cattolico, Vance ha passato il Venerdì Santo in Vaticano e ha incontrato diversi ministri del governo italiano, tra cui i vcepresidenti del Consiglio Antonio Tajani e Matteo Salvini.

Questo weekend di Pasqua è stato importante anche a Roma per via del secondo round di colloqui tra Stati Uniti e Iran. L’amministrazione Trump ha avviato un dialogo diretto con vari attori statali e non statali belligeranti, con l’obiettivo di raggiungere un accordo di pace accettabile. Mentre il primo round si era tenuto a Mascate, grazie al ruolo di mediazione del Sultanato dell’Oman, il secondo si è svolto a Roma: un chiaro riconoscimento degli sforzi della Meloni per riportare l’Italia al centro degli affari internazionali. “La scelta di Roma come sede del secondo round di colloqui indica la fiducia che la nuova amministrazione americana ripone nella Meloni e nell’Italia. Gli Stati Uniti hanno scelto l’Italia per il secondo round, così come l’Iran aveva scelto l’Oman per il primo, anche se gli Stati Uniti avrebbero preferito gli Emirati Arabi Uniti” ha dichiarato Pejman Abdolmohammadi, professore di Relazioni Internazionali del Medio Oriente all’Università di Trento. “La Repubblica Islamica è fortemente indebolita all’esterno, con tutti i suoi proxy indeboliti, e all’interno, con una crisi socio-economica senza precedenti. Questo rafforza l’opposizione politica interna, che attraversa vari gruppi della società, indebolendo le istituzioni. Trump, con la sua offerta di negoziare e non attaccare, ha messo il regime iraniano in un vicolo cieco: deve negoziare e raggiungere un accordo” ha aggiunto.

Il ministro degli Affari Strategici di Israele, Ron Dermer, e il capo del Mossad, David Barnea, hanno incontrato venerdì a Parigi l’inviato speciale degli Stati Uniti per il Medio Oriente, Steve Witkoff, prima del secondo round di negoziati tra Stati Uniti e Iran. Dermer avrebbe poi trascorso lo Shabbat a Roma, presumibilmente per consultarsi con l’inviato speciale americano dopo la seconda tornata di consultazioni, che si dice siano andate a buon fine. Qualsiasi accordo tra Stati Uniti e Iran avrà conseguenze dirette sulla sicurezza di Israele e sulla sua guerra contro Hamas, ampiamente sostenuta dall’Iran.

Da un lato, il governo statunitense dialoga con l’Iran; dall’altro, costruisce consenso nell’Indo-Pacifico per isolare la Cina. L’amministrazione Trump non solo ha avviato discussioni dirette con la Russia, con l’obiettivo di raggiungere la pace, ma ha anche coinvolto l’Arabia Saudita nei suoi sforzi.

Il ministro della Difesa saudita, nonché fratello del principe ereditario Mohammed bin Salman, il principe Khalid bin Salman, è arrivato a Teheran giovedì per incontri con i vertici iraniani, in vista dei colloqui del fine settimana tra Iran e Stati Uniti sul programma nucleare. Questo ha di fatto escluso la Cina dal Medio Oriente, nonostante solo un anno fa avesse mediato un accordo tra Arabia Saudita e Iran.

Oltre a isolare la Cina in Medio Oriente, la Casa Bianca di Trump sta dando priorità agli accordi commerciali con Paesi come India, Vietnam, Corea del Sud e Giappone, tutti alleati chiave degli Stati Uniti per contenere la Cina nell’Indo-Pacifico. L’Italia ha sostenuto le politiche statunitensi: il Vicepresidente del Consiglio Tajani ha recentemente visitato sia Nuova Delhi sia Osaka, e ha annunciato una conferenza sull’Imec a Trieste, prima della fine del 2025.

Anche l’India si sta muovendo rapidamente sull’Imec, con il primo ministro Modi che in questi giorni è in visita in Arabia Saudita, dove il corridoio sarà un tema centrale. “La tratta saudita dell’Imec, che sarà la più lunga e percorsa via ferrovia, deve ancora ricevere il necessario impulso dalla firma dell’accordo nel settembre 2023” ha dichiarato Dipanjan Roy Choudhury, caporedattore Affari Diplomatici dell’Economic Times. “L’iniziativa sarà una priorità importante quando il primo ministro Modi incontrerà il principe Mohammed bin Salman” ha aggiunto.

Come parte del nuovo ordine globale, Trump ha ottenuto il sostegno degli alleati indo-mediterranei Roma e Nuova Delhi. Ha accettato l’invito della premier Meloni a visitare Roma nel prossimo futuro, per proseguire le discussioni con l’UE su dazi e tariffe: un ruolo importante per l’Italia nel rapporto transatlantico. La visita di Vance a Nuova Delhi, dopo quella a Roma, evidenzia anche l’importanza che la capitale indiana riveste nel calcolo indo-pacifico della Casa Bianca di Trump.

Tutte le strade diplomatiche portano a Roma. Scrive Vas Shenoy

Di Vas Shenoy

L’Italia e l’India diventano snodi chiave nella strategia di Trump, tra corridoio Imec, negoziati con l’Iran e contenimento della Cina. Roma ospita il dialogo Usa-Iran, Nuova Delhi guida l’asse indo-pacifico

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