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Dal primo luglio la Croazia entrerà a fare parte dell’Unione europea. Con il benvenuto al mercato unico di 500 milioni di persone, la Croazia dovrà fare i conti con una nuova dinamica di concorrenza. Economisti, analisti e politici concordano che questa sarà una delle principali sfide per la Croazia, soprattutto dal punto di vista economico. Nel bene e nel male.

Radiografia dell’economia croata

Per capire la situazione della Croazia, il quotidiano tedesco Die Welt ricorda le cifre della crescita e la spesa pubblica degli ultimi anni. “Dal 2009 la Croazia è in recessione e il suo Pil è calato dell’11 %. Nel frattempo il debito pubblico è quasi raddoppiato e dovrebbe raggiungere il 60% del Pil nel 2013. Due delle tre grandi agenzie di rating inseriscono le sue obbligazioni nella categoria dei “junk bond”, ha scritto il giornale.

Da quando si è separata dalla Jugoslavia, l’industria croata ha perso circa 400mila posti di lavoro. Per questo diventare il ventottesimo Paese dell’Unione europea è così significativo: la Croazia potrà contare ogni anno su un fondo europeo di due miliardi di euro (circa il 4 per% del Pil). Il Die Welt chiede: “Le autorità e le imprese saranno capaci di dare vita a dei progetti di sviluppo abbastanza interessanti per ottenere questi finanziamenti?”.

L’impatto negativo

Secondo il quotidiano croato Novi List, i cittadini credono che i vantaggi economici dell’Europa dovevano sfruttarsi prima. Non ora che, come la Croazia, la regione è in recessione.
Il primo impatto sarà difficile. Secondo Boris Cota, consigliere finanziario del presidente Ivo Josipović, le proiezioni sostengono che le esportazioni (così come il Pil) scenderanno nei primi due anni. Solo dopo comincerà il periodo di adattamento e ce ne vorranno cinque anni prima che gli effetti positivi dell’Ue superino quelli negativi.

Tra le conseguenze negative di entrare in Europa c’è che la Croazia perderà la soppressione degli aiuti di Stato a settori come i cantieri navali e l’agricoltura. Le imprese croate perderanno i privilegi doganali dell’Accordo di libero scambio centro-europeo con i paesi dell’ex Jugoslavia, che fanno circolare circa il 40% delle esportazioni della Croazia.

La concorrenza tra imprese

Settori come quello delle telecomunicazioni, l’industria farmaceutica e le attività finanziarie non verranno colpiti particolarmente, perché sono redditizi. Ma le tasse doganali sulle importazioni saranno abolite e il prezzo dei prodotti importati scenderà del 10%. Così, nel bene o nel male, le imprese croate dovranno fare i conti con una nuova realtà: la concorrenza. Sarà la media e piccola impresa a trovarsi in difficoltà.

Lo stimolo all’innovazione

Non basterà aspettare il primo luglio passivamente ed entrare in Europa. Per affrontare il cambiamento e renderlo positivo è necessaria una strategia economica. Un piano che è mancato negli ultimi 20 anni in Croazia.

L’amministratore delegato dell’impresa informatica Končar, Darinko Bago, ha chiesto al governo di incoraggiare gli esportatori. Solo con la creazione di prodotti innovativi e le imprese più deboli potranno benefice delle nuove condizioni e festeggiare l’ingresso in Europa.

Croazia, quanto è traumatico entrare in Europa?

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