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Pubblichiamo il commento dell’editorialista Federico Guiglia comparso ieri sulla Gazzetta di Parma, quotidiano diretto da Giuliano Molossi

Con quel nome che profuma di Rivoluzione francese (“Convenzione”, allons enfants de la Patrie…), siamo entrati nella Quarta Repubblica senza essere neanche passati dalla Terza: alle volte la Storia è sbrigativa. Alla nuova, ma non ancora costituita commissione spetterà l’illuminato compito di cambiare la Costituzione anni luce in avanti, dopo il buio di trent’anni senza riforme.

C’era una volta il mesto novembre del 1983. Nasceva in autunno (“sugli alberi le foglie”), la prima e già inconcludente commissione parlamentare, presieduta dal liberale e barbuto Aldo Bozzi. Da Bozzi a Bossi, e che parabola!, quella delle mai rinnovate Istituzioni. Forse per questo l’annunciata svolta promette miracoli. Si prospetta perfino la novità di poter eleggere direttamente il capo dello Stato. Finalmente. Anche se il miglior presidente della Repubblica, cioè l’attuale, non l’hanno votato i cittadini, ma due volte il Parlamento in seduta comune.

Comunque, fiato alle trombe, ora che si ricomincia a colpi di Carta ballata. Molte danze, infatti, preparano i novelli padri della Patria per fare in pochi mesi quel che non sono stati capaci di fare in tre decenni. Anche se non è chiaro perché vogliano cambiare proprio la Costituzione. Se essa è, come ripetono in tanti, compreso il dantista Roberto Benigni, “la più bella del mondo”, perché modificarla? Ma al cuor e alla politica, si sa, non si comanda.

Dell’ancora fumosa, ma già famosa Convenzione non si sa quanti saranno gli onorevoli componenti, e per fare che. Né chi la presiederà. Il Cavaliere ci ha fatto un pensierino. Ma, a parte le reazioni tiepide, chiamiamole così, della controparte, non è facile immaginare in Silvio anche il giurista che è in lui, dopo essere stato imprenditore, politico, cantante in crociera, presidente del Milan e, quattro volte, del Consiglio.

Presiederà, allora, un personaggio proveniente dal centro-sinistra? Difficile anche questo. Sarebbe come concedere la scala reale a chi ha già il poker istituzionale in mano (vertici di Camera, Senato, governo e Quirinale). E poi dicono che Pierluigi Bersani, smacchiatore di giaguari in pensione, abbia sbagliato tutto…

Per l’ipotizzato compromesso tra Pd e Pdl s’è allora ventilato il nome di Roberto Calderoli. L’uomo giusto al posto giusto. Ha elaborato la legge elettorale che in un raptus di franchezza lui stesso ha battezzato col nome adatto: “Una porcata”. Diventata “Porcellum” nel latinorum dei più raffinati costituzionalisti. E poi vuoi mettere che idea: il secessionista di ieri a presiedere il parto dell’Italia di domani. Una e divisibile, di là la Padania, di qua l’“hic sunt leones”.

Insomma, la sede è vacante, e le ricerche per la presidenza continuano. Senza intese, ha lasciato intendere Gaetano Quagliariello, che è proprio il ministro per le Riforme, salta tutto. Addio Convenzione: cronaca di una morte annunciata.

Intanto, godiamoci il sogno di mezza estate. Ma sogno grande quanto? La Convenzione mica sarà la versione allargata del fresco eppur sepolto Comitato dei Saggi. Né il fantasma delle Bicamerali che furono. Nemmeno lo spettro delle sempre e soltanto evocate Assemblee Costituenti. Meno che mai la resurrezione della Commissione dei 75, fonte suprema dei nonni della Patria.

Convenzione, hanno spiegato gli innovatori, significa che assisteremo a una cosa dell’altro mondo, indimenticabile. Già girano le sorprese, tipo l’invocata Camera delle autonomie al posto del Senato. Geniale. Siccome le Regioni hanno dato pessima prova di sé, promuoviamole al rango del Parlamento: Camera con svista.

Ma proposte sui governi per governare? O sui deputati per meglio legiferare, sulla Corte dei Conti per controllare, sulla Corte Costituzionale per garantire? E le Province andranno per sempre in soffitta, l’unico altrove che meritano?

Nessuna nuova, per adesso. Se non che siamo al benvenuti nella Quarta Repubblica dalla “convenzionale” riforma, la Riformona. Immaginata o immaginaria. Ma sarà bellissima.

Quel pasticciaccio brutto della Convenzione per le riforme

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