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In un recente articolo sulla rivista scienza&pace ho discusso delle nuove forme della partecipazione politica, soprattutto quelle riferite alla “rete” e della trasformazione del concetto di “democrazia”. Il fenomeno politico rappresentato dall’ascesa del M5S impone una riflessione serie sul ruolo della tecnologia anche nelle dinamiche politiche. Vorrei qua riflettere sul concetto di cambiamento almeno da due punti di vista: uno procedurale, riferito proprio ai mezzi della partecipazione politica e uno sostanziale, riguardante gli attori del cambiamento.

Il cambiamento procedurale è avvenuto, di recente, con l’evoluzione tecnologica. L’avvento dei social media ha rivoluzionato, di fatto, l’intero sistema di comunicazione: 1) a livello individuale, con il rapporto tra singolo soggetto e medium, 2) a livello intersoggettivo, con il costituirsi di relazioni mediate dalla tecnologia, de-territorializzate e de-temporizzate, infine 3) a livello collettivo,  con gli spazi dedicati a confronti impersonali (ossia dove non sussistono vere e proprie relazioni o connessioni, nemmeno precostituite sul web) su temi di carattere generale come quelli politici, economici o di “senso comune”.

La comunicazione è divenuta multimediata e plurima, o per meglio dire si è passati da una forma di comunicazione unimodale, one to many (come la tv) ad una multimodale, many to many, tipica della rete, come sostenuto da Castells. In questo spazio virtuale, che ho definito socio-cyber space, si sono costituite nuove forme di partecipazione politica e sembra che i promotori di questo cambiamento siano principalmente i giovani. L’attuale parlamento è infatti il più giovane tra quelli europei, come hanno osservato Rosina e Bettito su neodemos.it: l’età media è di 45 anni , mentre è di 52 in Gran Bretagna, 53 in Spagna e Germania, 55 in Francia, per citare i maggiori paesi secondo le stime Coldiretti. Il primato riguarda anche la presenza delle donne, si è passati, infatti, dal 16,3% nel 2006 al 30,8% ad oggi.

Queste considerazioni mettono in evidenza che un cambiamento è avvenuto primariamente nella composizione degli elettori e degli eletti con l’impiego di forme di comunicazione e di partecipazione alle scelte politiche, alternative. Questo cambiamento però, si incontra automaticamente con una maggiore democrazia e con un miglioramento generale delle condizioni politiche? Si può affermare che in rete c’è più democrazia? O che i giovani in politica faranno sicuramente meglio? La risposta è a mio avviso non scontata.

Delle ultime vicende politiche, mi ha colpito il cambio di stile avvenuto di recente nel M5S: ad un movimento prettamente orizzontale, in cui ognuno vale uno e in cui tutti possono esporre idee e partecipare alle decisioni, ha fatto seguito un rigido verticismo dove il megafono, proprietario del brand politico e “guru”, sembra essere l’unico a poter dettare la linea e l’unico a valere un po’ di più di tutti gli altri. Inoltre, è tutt’altro che un giovane, è un ultrasessantenne, ossia un “anziano”, per nulla estraneo alle dinamiche della politica.

Cosa dire, invece, dell’inesperienza degli eletti a cinque stelle, o come da loro ammesso, della loro “innocenza”? Secondo alcuni questa innocenza primordiale giustificherebbe la necessità di “controllori” che facciano da guida alle scelte dei neo-eletti. Meglio è se le scelte sono quelle di Grillo e sopratutto se non sono contestate, la pena è essere definiti “schizzi di merda digitali” o peggio, essere espulsi.

Dove si trova la novità? Al cambiamento procedurale e della composizione degli eletti, è seguito un vero cambiamento della politica? Quanto è democratico tutto ciò?  Inoltre, che fine ha fatto il ruolo centrale della rete? La spinta innovatrice che voleva nella rete lo strumento/luogo del confronto e della decisione, che fine ha fatto? Il principio sottointeso della “orizzontalità” sembra sorpassato da un rigido verticismo, che ricorda forse più i grandi partiti del secondo dopoguerra, che non un movimento rivoluzionario post-moderno. E la notizia fresca fresca di oggi ci dice che i capigruppo, che avrebbero dovuto ruotare ogni tre mesi, resteranno invece ben saldi alle loro poltrone. Insomma, leggeteci anche un po’ di polemica, perché c’è tutta, ma a me sembra tutto il solito teatrino.

Per quanto riguarda, invece, il contatto diretto con i cittadini, che dire?

Sembra che anche gli eletti del M5S abbiano fatto i conti con la realtà e compreso che la democrazia diretta è forse una chimera, o semplicemente, se non loro almeno il leader, si sono resi conto che non è vantaggioso confrontarsi troppo con la gente, perché capita che ci sia qualcuno che non si allinea e decide di scrivere uno “schizzo di merda digitale” e poi tocca censurarlo, come raccontato in Huffington Post.

Di tutto questo vogliamo dire qualcosa o lasciamo ai posteri l’ardua sentenza?

Cambiamento? Vorrei ma non posso. Grillo e la democrazia

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