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In queste ultime settimane è curioso osservare come il paladino del rinnovamento, della politica del fare, del “poche chiacchiere e pedalare”, abbia assunto un comportamento ondivago, a volte infastidito, sempre più sfuggente. Curioso perché quel paladino di nome fa Matteo e di cognome Renzi.

Il guascone toscano possiede il dono di saper recepire gli umori della gente come pochi altri leader politici italiani (paragonabile credo ad uno solo che lo invitò a pranzo a casa sua per studiarlo),  il talento di  tradurli in messaggi semplici e comprensibili a tutti e non solo ad una  ristretta cerchia di eletti depositari della verità, con quella giusta dose di populismo che serve per arrivare alla pancia degli elettori. La natura gli ha regalato un fisico che gli consente la spavalderia di presentarsi in tv indossando un giubbotto alla Fonzie, in una trasmissione condotta dalla nazional popolare Maria, che non è sicuramente un salotto intellettuale radical chic caro ai brontosauri bacchettoni del Pd, ma fa milioni di ascolto.

Cosa sta succedendo ora al monello rompiscatole, ex rottamatore del Pd, ovvero cosa vuole fare da grande? Chiamato a rispondere su questioni che riguardano il suo futuro ruolo nello scenario politico nazionale, Renzi appare sostanzialmente poco, per nulla chiaro. Si candiderà a segretario del suo partito? Il monello risponde si, no, forse.. se il partito lo chiamerà. Ma come, caro sindaco, dove è finita la spinta propulsiva, l’attivismo e l’energia delle primarie? Che fai, aspetti?

E sulla premiership? Non era il suo turno, dice. E poi lui userebbe il trapano e non il cacciavite come sostiene stia facendo Letta, lanciandogli peraltro un non piccolo siluro. Da una parte si dichiara disponibile a succedergli, dall’altra la cosa gli interessa poco, almeno nell’immediato futuro. Mah.

Infine sul tema del giorno, il presidenzialismo, Renzi si esprime con toni tiepidamente favorevoli, ma vede di buon occhio anche un premierato forte. Se da una parte riconosce la fondamentale importanza che ci sia qualcuno in grado di assumersi la responsabilità di decidere, dall’altro svilisce così il tutto ad una questione di secondaria importanza ciò che invece riguarda l’assetto istituzionale della Repubblica, con implicazioni dirette nella vita quotidiana di tutti i cittadini.

Quello che alla fine traspare, e soprattutto viene percepito, è uno stato confusionale che fa a pugni  con l’immagine di chiarezza, novità e decisionismo che l’abile sindaco di Firenze si è costruito nel tempo. Sebbene il suo gradimento sia ancora elevato, tutto ciò rischia di avvitarlo in una spirale pericolosa, per i suoi futuri progetti, che sa di stantio e più consona a vecchi modelli di ispirazione e memoria dorotea. Rischia, il monello, che la sua proclamata rivoluzione blairiana, in un Paese volubile come il nostro, resti nell’archivio dei progetti sognati, etichettata come incompiuta: dato il suo talento, le prerogative personali e le indubbie capacità, sarebbe uno spreco e Dante lo condannerebbe sicuramente all’inferno.

Suvvia, Matteo, dicci chiaramente cosa vuoi fare da grande.

Renzi, che cosa vuoi fare da grande?

In queste ultime settimane è curioso osservare come il paladino del rinnovamento, della politica del fare, del “poche chiacchiere e pedalare”, abbia assunto un comportamento ondivago, a volte infastidito, sempre più sfuggente. Curioso perché quel paladino di nome fa Matteo e di cognome Renzi. Il guascone toscano possiede il dono di saper recepire gli umori della gente come pochi altri…

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