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Mentre a Seul si tengono sotto controllo i movimenti attorno ai tunnel dove potrebbe avere luogo il terzo test nucleare nordcoreano e i tentativi di camuffamento Corea del Sud e Stati Uniti hanno dato il via oggi a tre giorni di manovre navali congiunte nelle acque a est della penisola.

Secondo l’agenzia Yonhap, la Marina statunitense ha inviato due navi equipaggiate con missili a lungo raggio – il sottomarino USS San Francisco a propulsione nucleare di 6.800 tonnellate e l’unita’ Shiloh con tecnologie Aegis da 9.800 tonnellate -, mentre la Corea del Sud ha schierato 10 navi, tra cui un cacciatorpediniere Aegis da 7.600 tonnellate, una corvetta e una nuova serie di sottomarini.

Intanto la prima mossa di John Kerry alla guida del dipartimento di Stato è stato un colloquio con il suo omologo sudcoreano Kim Sung-hwan riguardo il rischio che il regime di Pyongyang possa realmente condurre un terzo test nucleare come minacciato dopo l’estensione delle sanzioni Onu. La decisione è stata la risposta al riuscito lancio di un razzo a lungo raggio visto dalla comunità internazionale come una violazione delle risoluzioni che vietano a Pyongyang test balistici, ma che i nordcoreani hanno sempre spiegato avere motivi scientifici.

Dal canto suo, il governo nordcoreano ha denunciato quello che considera il doppio standard statunitense per le mancate critiche alla messa in orbita di un satellite la scorsa settimana. In una riunione di alto livello il giovane leader Kim Jong-un ha inoltre definito le “linee guida” per il rafforzamento dell’esercito e la difesa in quello che l’agenzia di Stato, Knca ha definito un importante discorso davanti alla Commissione nazionale di difesa, vero cuore decisionale del regime. Quale sia il reale contenuto delle linee guida non è tuttavia ancora stato chiarito.

Nei giorni scorsi, come riferito dal sito DailyNk, era stato ordinato ai nordoreani di prepararsi alla mobilitazione. Come spiega Daniele Pinkston, analista dell’International Crisis Group, citato da NK News: “è importante farsi vedere pronti. I rapporti di forza sono un tema che loro capiscono e su cui si concentrano. La comunità internazionale deve far capire che se la situazione dovesse degenerare in conflitto questo porterebbe alla caduta del regime dei Kim e della Repubblico popolare democratica di Corea”.

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