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Ha ragione il ministro degli Affari esteri, Giulio Terzi: dopo l’esperienza della Somalia, abbandonata a se stessa per anni, non è il caso di ripetere lo stesso dramma con il Mali, anche lui dimenticato per anni. Il Mali, senza esagerare, rischia davvero di diventare una brutta pagina della storia come la Somalia o l’Afghanistan. È questa l’opinione di Alessandro Politi, analista politico e strategico. Ma la questione riguarda non solo il Mali, ma anche tantissime zone grigie del continente africano.

In un’intervista con Formiche.net, Politi ha spiegato perché l’annuncio italiano è così importante: la situazione in Mali lo merita. “La criticità è maggiore di quella che possiamo costatare. Anche se con risorse limitate ma è importante che l’Italia ci sia”, ha detto l’analista. Infatti, Politi si aspettava un contributo maggiore: da 15 a 24 istruttori, due aerei di trasporto tattico medio e uno di rifornimento per un periodo di due a tre mesi è un appoggio veramente minimo. “Il profilo è realmente basso ma l’importante è esserci. Chi non c’è, non sa”, ha detto.

Secondo Politi, un elemento che conferma la gravità di quando sta succedendo in Mali è il fatto che la Germania – sempre neutra quando si tratta di interventi militari – è presente. Senza soldati sul campo, ma c’è.

Una vicenda, quella del Mali, difficile da svincolare dalla soggettività quando a fianco al Paese in fiamme c’è il principale fornitore di gas dell’Italia: “Quello che sta succedendo in Mali crea senz’altro grossi problemi all’Algeria, come abbiamo potuto verificare. La stabilità dei Paesi vicini, quelli della Primavera araba, è meno garantita di quanto può sembrare. È normale e conclamata l’inquietudine che genera il fattore economico-energetico. Si dice facile ‘cambiamo fornitore’ ma i fatti concreti sono diversi. A chiacchierare sono buoni tutti”, secondo Politi.

“Ridurre la discussione su quanto sta accadendo in Mali a un tema della campagna elettorale è sciocco. Sono più di 20 anni che l’Italia non ha una politica africana. Il momento è opportuno per ricostruirla e questo non si fa soltanto con interventi limitati. Bisogna ripensare il ruolo dell’Italia in Africa e non con approcci neo o postcoloniali”, ha detto Politi.

Il primo passo per la rinascita di quella necessaria politica italiana per l’Africa è un documento, che può essere anche snello e schematico, ma con il quale si faccia il primo passo verso un chiaro obiettivo politico. Per l’analista “basta mettere su carta un quadro concettuale dove si specifichi quali sono gli obiettivi dell’Italia nella regione, come si pensa di raggiungerli, con quali Paesi e con quali interessi in gioco”.

Verrebbe da dire che ai tempi di campagna elettorale l’Africa non sembra uno temi principali dell’agenda nazionale: “Invece penso che basterebbe poco – ha detto Politi – anche al governo uscente di Monti. Aiuterebbe molto e, dopo le elezioni, si potrebbe aprire la discussione in Parlamento e con l’opinione pubblica. Il governo tecnico potrebbe lasciare questo documento ai suoi successori, a futura memoria, e creare un precedente storico”, ha detto. Per diversi motivi e interessi, brasiliani e turchi stanno guardando con attenzione da tempo all’Africa. L’Italia dovrebbe, per responsabilità storica, fare altrettanto.

Cercasi politica per l’Africa

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