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Sul ring che ha visto scontrarsi due vecchi colleghi come l’ex procuratore aggiunto di Palermo, Antonio Ingroia, e quello attuale di Milano, Ilda Boccassini, non vuole misurarsi. Ma sull’argomento del contendere, quel riferimento a Giovanni Falcone di Ingroia che ha fatto gridare alla Boccassini “vergogna” e a cui è seguita la contro-replica dell’ex pm, “mi basta sapere cosa pensava di me e cosa pensava di lei Paolo Borsellino”, l’ex presidente della Commissione antimafia e della Camera Luciano Violante un giudizio lo esprime. In una conversazione con Formiche.net, spiega: “Credo che sia inutile gettare benzina sul fuoco ma è sbagliato usare come testimone chi non c’è più. Anche il dr. Ingroia farebbe bene a evitare in futuro di chiamare a propria difesa persone che non possono più parlare”.

Presidente, l’ex ministro Calogero Mannino ha definito un fatto grave la candidatura di Ingroia, soprattutto per il fatto che avviene nella stesso collegio in cui ha esercitato la sua funzione di magistrato. Condivide il suo parere?
Penso sia una scelta abbastanza scorretta. Non ci si candida nello stesso luogo dove fino a poche settimane prima si è esercitato un potere inquirente. Sarebbe bene attendere un certo periodo di tempo. Il leader di Rivoluzione civile ha avuto grazie al suo ruolo da pubblico ministero, peraltro esercitato con grande competenza professionale, una forte esposizione mediatica, alimentata quasi quotidianamente. Ciò ha portato a un largo consenso popolare ma verso Ingroia giudice, non verso Ingroia politico. Sfruttare quel consenso ora che ha scelto di candidarsi mi sembra un fatto non positivo.

L’avvocato Pellegrino oggi sull’Unità scrive: “C’è da chiedersi perché una magistratura in prima linea senta la necessità di ricercare nel voto popolare la fonte di una legittimazione diversa”. Secondo Lei, qual è la risposta?
È una delle questioni più delicate. Spesso il magistrato inquirente cerca la propria legittimazione non più nell’applicazione della legge ma nel consenso dell’opinione pubblica guadagnato attraverso una sovraesposizione sui mezzi di comunicazione. Sui rischi di cortocircuiti che si possono creare in questi casi si era già espresso Francesco Saverio Borrelli sin dal 1993. I media sono un potere e non si è ancora creato uno strumento di separazione netto con la magistratura che, come dice la Costituzione, deve essere “indipendente da ogni altro potere” . A volte il pm si serve dei media e li serve.

A proposito del rapporto magistratura-media, come giudica il fatto che gli avvisi di reato nella vicenda Mps siano arrivati a mezzo stampa?
È un’altra delle cose che non vanno. Il cittadino deve essere informato dal suo giudice, non dal suo quotidiano. La “soffiata” non sempre è colpa del magistrato, si noti bene, ma bisogna evitare che avvenga.

Sulla vicenda Mps, il Pd rischia di scottarsi?
Mi sembra che stia emergendo con sempre maggiore chiarezza che il Pd a livello nazionale non c’entra con questa questione. Se invece la magistratura accerterà un coinvolgimento penale degli amministratori del partito a livello locale o nazionale, è giusto che essi paghino. Per le responsabilità politiche servirà la Commissione d’inchiesta, da noi proposta, sui derivati.

Cosa penso di Ingroia e del caso Mps. Parla Violante

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