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Gli impianti del Lazio possono smaltire i rifiuti di Roma e provincia di Roma. Ma occorre farli funzionare a pieno regime. Questo il senso del decreto messo a punto dal ministro dell’Ambiente, Corrado Clini, per superare l’emergenza nella Capitale, puntando al riallineamento con le norme europee e le leggi italiane. Prima di tutto, per il ministro il decreto è “uno scudo contro la criminalità organizzata”; la stessa che si insinua con maggiore facilità dove si trova “un contesto di scarsa responsabilità delle amministrazioni competenti”.

Ma nelle ultime ore sembra non trovare ancora pace la questione spazzatura nel Lazio: il Tar ha bocciato – accogliendo un ricorso dei Verdi appoggiato dalla provincia di Latina – il Piano di gestione dei rifiuti del Lazio approvato definitivamente a gennaio dell’anno scorso. Non si è fatta attendere la risposta dell’amministrazione regionale che ha annunciato immediato ricorso contro il pronunciamento del Tribunale sul Piano rifiuti. La cosa solo apparentemente incide sulle criticità della capitale, perché stando alle parole di Clini “il decreto non ha alcun riferimento al piano regionale dei rifiuti del Lazio; non ha nulla a che vedere”. 

Insomma per il ministro dell’Ambiente, che non vuole vedere la capitale d’Italia con i rifiuti abbandonati per strada, non dovrebbero esserci intralci, anzi il decreto “supera” lo stesso Piano che i giudici hanno “bocciato”, perché la Regione Lazio avrebbe violato le direttive comunitarie.

La sentenza del Tar

Il documento controverso è in sintesi il programma sulla gestione dei rifiuti nel Lazio relativo al periodo 2011-2017. Nel corso della sua redazione, la commissione Ue ha anche aperto una procedura d’infrazione; e nella sentenza del Tar si ritrova tutto il richiamo di ‘respiro’ europeo: “Come correttamente affermato dalla commissione Europea – questa la decisione dei giudici – per essere conforme alla direttiva discariche ed alla direttiva quadro sui rifiuti, il trattamento dei rifiuti destinati a discarica deve consistere in processi che, oltre a modificare le caratteristiche dei rifiuti allo scopo di ridurne il volume o la natura pericolosa e di facilitarne il trasporto o favorirne il recupero, abbiano l’effetto di evitare o ridurre il più possibile le ripercussioni negative sull’ambiente nonché i rischi per la salute umana”.

La posizione della Regione 

Basta poco però. L’amministrazione regionale non tarda a farsi sentire: la Regione si appella al Consiglio di Stato e, nel farlo, parla anche di “errori di natura tecnica” contenuti nella sentenza del Tar. Questo, perché, secondo la Regione il risultato prodotto dal Tar è “paradossalmente quello di lasciare le cose come sono”. Motivo a cui si aggancia il ragionamento in difesa del Piano: cioè, il fatto che lo stesso Tar pur richiamandosi alle direttive Ue violate non offra la possibilità di adeguarsi a quest’ultime. Insomma una contraddizione, anche di intenti, da un lato quello giuridico dall’altro quello politico.

Gli effetti del decreto

Il decreto per Roma invece, già pubblicato in Gazzetta ufficiale e dunque operativo, impegna nell’arco di un mese le autorità locali ad assumersi le proprie responsabilità. E cioè, semplicemente, a rispettare la legge. In caso di inadempienza scatteranno sanzioni saranno le sanzioni e ci sarà l’intervento con poteri sostitutivi del neo ‘super-commissario’ Goffredo Sottile, in carica per sei mesi. Gli effetti del decreto potranno esser verificati già nei prossimi 60 giorni, mentre l’attuazione completa sarà possibile nel giro di un anno. Innanzitutto, seguendo questa strada, si potrà riconsiderare la proroga della discarica di Malagrotta ed evitare la realizzazione di quella provvisoria a Monti dell’Ortaccio.

Le prossime tappe

Dal 25 gennaio i rifiuti urbani prodotti dai comuni di Roma, Fiumicino, Ciampino e dallo Stato del Vaticano dovranno essere trattati negli impianti del Lazio che hanno la capacità residua autorizzata, ovvero la ‘forza’ di accoglierli. Entro il 15 febbraio, poi, le autorità competenti devono completare le procedure di autorizzazione di altri impianti nella regione che sono in attesa del via libera (ormai da troppo tempo). Ed entro il 30 gennaio deve essere reso operativo il Piano di raccolta differenziata nel comune di Roma.  Inoltre, entro fine gennaio devono essere adottate le misure necessarie per favorire il recupero energetico dei rifiuti (si parla qui di una loro ‘valorizzazione’). A sorvegliare, ma anche pronto a entrare nel merito – e nel metodo – della questione il commissario Sottile, se tali indicazioni verranno disattese.

I numeri

I rifiuti prodotti nella Provincia di Roma sono pari a 1,8 milioni di tonnellate l’anno, quantitativo che si riduce del 30% per la raccolta differenziata, arrivando a 1,3 milioni. Negli impianti di trattamento meccanico-biologico del Lazio già autorizzati c’è una capacità residua per 930.000 tonnellate, mentre gli impianti in corso di autorizzazione hanno possono accogliere circa 850.000 tonnellate.

Spazziamo i dubbi sulla questione rifiuti nel Lazio

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