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Grazie all’autorizzazione dell’editore e dell’autore, pubblichiamo l’articolo di Giampiero Di Santo apparso sul numero odierno del quotidiano Italia Oggi diretto da Pierluigi Magnaschi.

Almeno per qualcosa, l’Italia è prima. Ma non è un record di cui vantarsi, quello registrato tra il luglio del 2011 e il dicembre del 2012. Quando il tasso di inflazione ha superato il 6% contro la media di Eurolandia pari al 3,9%. Colpa anche delle riforme del mercato del lavoro che finora non hanno funzionato.

Parla di “tassi di inflazione preoccupanti” per l’Italia il Bruegel Think tank presieduto dall’ex presidente della Banca centrale europea Jean Claude Trichet. E spiega che sulla base del cosiddetto Big Mac Index, calcolato paragonando il prezzo del Big Mac nei diversi Paesi dell’area dell’euro, è chiaro che il processo di aggiustamento in corso non funziona correttamente per l’Italia. “Malgrado i progressi registrati in Europa, non tutto sembra roseo”, nota. “I prezzi del Big Mac in Italia sono aumentati più che in ogni altro posto, tranne forse l’Estonia”. Il pensatoio con base a Bruxelles e che vanta ottimi rapporti con il premier italiano Mario Monti spiega come attualmente l’Italia sia “il Paese più costoso dell’area dell’euro”. “Un Big Mac costa 3,85 euro, contro 3,6 in Francia e 3,64 in Germania. Per metterla in termini percentuali, nel luglio del 2011 l’Italia era sopravvalutata del 2,9%, mentre nel gennaio del 2013 è salita al 5,7% rispetto alla Germania. Si potrebbe pensare che fosse Berlino, in partenza, a essere sottovalutata, ma da allora in poi l’aggiustamento in Germania è andato nella giusta direzione, al contrario di quello che è accaduto per l’Italia nell’ultimo anno e mezzo”. A chi eccepisce che il Big Mac index è piuttosto grossolano come strumento di misurazione dell’inflazione e a coloro che sostengono come, causa crisi, gli italiani abbiano ridotto la spesa per alimenti e si siano orientati verso l’acquisto di cibi non costosi come appunto è il Big Mac (causandone così l’ascesa del prezzo), il Bruegel replica che “un rapido sguardo all’indice armonizzato dei prezzi al consumo dimostra che l’Italia è al top degli aumenti con una crescita del 4,8% tra il luglio del 2011 e il dicembre scorso, mentre Eurolandia è salita del 2,9% in media”.

Ce ne è abbastanza, conclude il Bruegel, per essere preoccupati. “Le riforme del mercato del lavoro che non si traducono in prezzi di mercato più bassi vanno a detrimento dei consumatori e impediscono il rafforzamento delle esportazioni”, è la sentenza. Chissà se Monti e il suo ministro del lavoro, Elsa Fornero, hanno preso nota.

L'Italia? Il Paese più costoso dell'area euro

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