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Prima Repubblica quasi al completo ieri sera alla presentazione del libro-intervista di Massimo Mucchetti con Cesare Geronzi, dove era presente per Formiche.net anche il fotografo Umberto Pizzi (la photogallery sotto).

Tra i politici protagonisti, in primis c’era Massimo D’Alema, sorridente come non mai. La sconfitta di Matteo Renzi alle primarie del Pd l’ha visibilmente ringalluzzito. Ma ieri sapeva di non incontrare avversari tosti: nel libro, il banchiere Geronzi l’ha ripetutamente citato come esempio di politico preparato e schietto con cui ha avuto un rapporto corretto e cordiale. Ma D’Alema non era il solo politico ex comunista ieri sera: c’era anche l’ex ministro della Giustizia, il redivivo Oliviero Diliberto.

Per il centrodestra spiccava la presenza in prima fila di Gianni Letta, per anni sottosegretario alla presidenza del Consiglio con Silvio Berlusconi. La stretta di mano e i sorrisi tra Geronzi e Letta erano proprio sinceri? Qualcuno ha avuto più di un dubbio visto qualche stilettata che Geronzi ha riservato a Letta nel libro.

La strategia geronziana di progressivo affrancamento dal berlusconismo, d’altronde, è stata chiara anche ieri sera: “Ho votato Berlusconi nel ‘94. Ma forse oggi sarebbe tempo di lasciare”, ha detto l’ex presidente di Generali.

Cenni di consenso e approvazione da parte degli esponenti centristi presenti. C’erano l’economista ed ex banchiere Pellegrino Capaldo che per la sua proposta di patrimoniale fu randellato dai quotidiani vicini al centro destra come il Foglio, il Giornale e Libero. C’era l’ex ministro Giuseppe Guarino, autore di un corposo saggio pubblicato sull’ultimo numero della rivista Formiche in cui sostiene che giuridicamente il Fiscal Compact violerebbe i Trattati europei; argomento che certamente sarà stato discusso nei conciliaboli, ritratti da Pizzi, tra Guarino e l’editorialista Angelo De Mattia, per anni al fianco di Antonio Fazio in Bankitalia. E c’era l’imprenditore Francesco Gaetano Caltagirone, sostenitore di Mario Monti come ha detto ieri in un’intervista al Financial Times.

Ma che cosa hanno detto ieri D’Alema & Co.? Ecco qualche chicca.

Massimo D’Alema: “Il conflitto d’interessi è ancora davanti a noi e dovremo occuparcene”. E sulle critiche al suo governo all’epoca dell’Opa Telecom di Colaninno: “Credo che Guido Rossi si sia pentito di aver definito Palazzo Chigi una merchant bank, visto che lui era parte in causa perché aveva architettato la privatizzazione basata sullo 0,6% in mano a Fiat”. Fedele Confalonieri: “Cuccia diceva che i bilanci Fininvest erano falsi? Tutte balle”.

Polemiche e polemichette tra prima e seconda Repubblica. Si è salvato solo Giulio Andreotti che, tifosissimo della Roma, chiese a Geronzi di sponsorizzare la Lazio: “Ecco un grande politico che faceva prevalere l’interesse generale sulle sue passioni di tifoso – ha detto D’Alema – Ecco perché Andreotti ha governato per cinquant’anni”.

I primi battibecchi sono avvenuti tra il presidente Mediaset Confalonieri e Mucchetti, “reo” di aver ricordato nel libro che Enrico Cuccia rifiutò di portare in Borsa la Finivest, poi trasformata in Mediaset, perché secondo lui i bilanci della società di Berlusconi erano falsi. Confalonieri si è accalorato in una difesa a oltranza del suo gruppo, ricordando che la quotazione fu seguita da sei grandi banche nazionali, e che quote di Mediaset furono acquisite da tre grandi azionisti stranieri: “Possibile che nessuno si fosse accorto che in Fininvest c’era una contabilità opaca: quelle di Cuccia erano balle”. Al che Mucchetti ha ribadito che il tema dei bilanci Finivest-Mediaset, soprattutto per quel che riguarda i diritti tv dei film, è stato oggetto di inchieste giudiziarie e che all’interno di Mediobanca c’erano manager come Gerardo Braggiotti che avevano sollevato dubbi sul sistema di ammortamento dei diritti.

Il tema del conflitto d’interessi è stato sollevato da D’Alema che ha accusato gli imprenditori di usare i giornali per “tenere sotto scopa il potere politico”. “In Italia – ha detto D’Alema – ci sono molti conflitti d’interessi di cui l’intreccio di potere economico-mediatico-politico di Berlusconi è solo l’esempio più evidente. Cuccia e Geronzi, invece, avevano rispetto per le istituzioni e per la politica, perché pensavano che il mondo economico avesse una responsabilità verso il futuro del Paese”. “Non è vero – ha detto ancora D’Alema – che non abbiamo cercato di risolvere il conflitto d’interesse: nella bicamerale proponemmo di affidare alla Corte Costituzionale il giudizio sulle incompatibilità e io incaricai il sottosegretario Passigli di cercare di rendere più stringente la legge sul conflitto appena varata. Questo tema è ancora di fronte a noi e dovremo occuparcene”.

Per quel che riguarda Monti, D’Alema ha affermato: “Lo riconfermai commissario europeo e gli proposi di andare a Palazzo Chigi un anno prima che diventasse premier. Penso che abbia agito bene, soprattutto per ridare credibilità all’Italia all’estero. Ma il suo compito si è esaurito. Faremo tesoro del rigore del suo governo, da cui non si potrà deflettere. Ma è ora che torni la politica: e non ci si deve scandalizzare che governi chi vince le elezioni”. Alla fine ha preso la parola Geronzi che ha ricordato la sua lunga amicizia con Berlusconi: “Ricordo quando venne a parlarmi della sua discesa in campo nel 94: si presentò con una grande cartella piena di tabelle e grafici e mi disse che aveva parecchi contrasti in casa e in azienda. Era fantastico. Allora l’ho votato e gli sono sempre stato amico. E con amicizia gli dico che forse oggi è il caso di lasciare”.

 

La fotomania di Pizzi travolge Geronzi, D’Alema e...

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