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Il Paese pare fortemente convinto che la riduzione del debito, specie con vendita di cespiti o azioni, sia il toccasana per questo Paese. A senso unico, dovunque ti giri. La recente proposta di Italia Futura si allinea sul pensiero dominante quando propone (ad esempio):
“Gli italiani hanno fatto di tutto e di più, ora è il momento di una patrimoniale sullo Stato per abbattere il debito pubblico con un piano pluriennale di dismissioni del patrimonio mobiliare e immobiliare di Comuni, Province, Regioni e Stato”.
 
Come se il patrimonio dello Stato non fosse degli italiani. E come se, una volta ridotto il patrimonio, il costo dei nuovi affitti non andrebbe sommato ai benefici dei minori interessi. E come se, una volta vendute le azioni di società detenute, non dobbiamo includere l’impatto dei minori dividendi (per non parlare dell’impatto del minore controllo azionario sulle decisioni dell’azienda per il Paese).
Ma in realtà quello che dico non è esattamente vero. Un dibattito si può creare, di una qualche rilevanza.
Ed è quello se val la pena di ridurre il patrimonio immobiliare e mobiliare pubblico. Ovvero, se è meglio tenercelo o piuttosto dismetterlo per farci qualcosa. E per farci cosa.
 
Io una proposta ce l’ho. Ma non è mia. Comunque non è certamente quella di ridurci il debito pubblico. E’ del Presidente francese Hollande (qui vedi video in francese). Che propone di usare le risorse della Tobin Tax sulle attività finanziarie per creare un fondo col quale finanziare il sostegno alla disoccupazione giovanile. In Europa.
Ecco, ci siamo.
 
Mi sarebbe piaciuto vedere che Italia Futura, proprio per il suo nome, ci avesse proposto di usare i ricavi delle dismissioni per sostenere la creazione di un Fondo per il sostegno temporaneo dell’occupazione pubblica giovanile proposto dal nostro appello al Presidente Mario Monti. La temporaneità del supporto pubblico ai giovani, limitato a questi anni terribili della recessione, spiega il perché proponiamo di finanziare una maggiore spesa pubblica con una cessione di patrimonio e non con maggiori tasse o minori altre spese come apparirebbe più ovvio in tempi normali. Ma non siamo in tempi normali.
 
Sarebbe stato uno di quei pochi casi in cui la riduzione di un elemento del passivo del bilancio pubblico andrebbe ad aumentare il valore dell’attivo del bilancio del Paese Italia, quello che più dovremmo avere a cuore. Dove, come certamente Italia Futura sa bene, c’è come posta il valore del capitale umano del nostro Paese, che si depaupera inesorabilmente con il trascorrere di queste recessione che leva competenze e aggiunge scoramento e depressione nell’animo dei giovani. Che uccide il nostro Futuro.
 
Gustavo Piga
(la versione integrale dell’articolo si può leggere qui: http://www.gustavopiga.it/2012/litalia-del-futuro-e-lo-stato-patrimoniale-del-paese/)

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