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La proposta di Benedetto XVI di aprire una sorta di “cortile dei gentili” annunciata nel famoso discorso alla Curia romana in occasione degli auguri natalizi del 21 dicembre 2009 può davvero essere considerata, dopo quella di “allargare gli orizzonti della razionalità”, il secondo snodo storico-culturale del primo decennio del Terzo millennio.
 
Mentre il mondo sta vivendo la sua terza esperienza di crisi, quella economico-finanziaria dopo gli eventi del 1989 e del 2001, di ciò che sembrava ormai consolidato, ossia l’interpretazione illuministica dell’idea di modernità, la Chiesa, che con Giovanni Paolo II si è immersa nella modernità senza paura e senza nostalgia, si prepara con Benedetto XVI ad offrire la vera chiave interpretativa della modernità. È interessante leggere il capitolo primo del secondo volume del Gesù di Nazareth, là dove Ratzinger parla della purificazione del tempio ricordando come il “grandissimo cortile dei gentili è lo spazio aperto, che invita tutto il mondo a pregarvi l’unico Dio”. È la finalità che lo stesso Gesù, parafrasando la profezia di Isaia, intende richiamare sia con il rimprovero, “ne avete fatto un covo di ladri” (Mc 11,17), sia con il rilancio della profezia: “La mia casa sarà chiamata casa di preghiera per tutti i popoli” (Is 11,17).
 
Quale novità può suscitare la proposta del cortile dei gentili collocata fuori da questo contesto storico-culturale così delineato? Per la verità nulla. A meno che non si voglia entrare nella prospettiva di un sincretismo sia di natura religiosa o filosofica che non ha nulla a che vedere con quella finalità propria del cortile dei gentili, rivendicata da Gesù: aprire Israele in modo che tutti nel Dio di questo popolo possano riconoscere l’unico Dio comune a tutto il mondo (Gesù di Nazareth, p. 28).
 
In altri termini, se una tale proposta poteva avere ancora senso in un mondo statico-sacrale, nel mondo dinamico una tale proposta è priva di senso.
Paradossalmente, però, una riproposizione sic et simpliciter del cortile dei gentili può essere non solo sostenuta ma addirittura fatta propria da forze culturali agnostiche o di chiara ispirazione ateistica. Infatti una non chiara e ambigua definizione della proposta del “cortile dei gentili” metterebbe in crisi non solo gli organismi cattolici che ne fossero promotori, cosa di minore importanza, quanto piuttosto può ostacolare il desiderio di Dio negli uomini di buona volontà, che sono proprio quegli uomini chiamati in causa da Benedetto XVI, gli uomini delusi da ogni religione o progetto culturale a forma sacrale ormai superata dal contesto storico. Se la proposta del cortile dei gentili entrasse in questo corto circuito religioso-culturale, ormai in fase di esaurimento nella vita dell’umanità, rischia di essere lentamente emarginata e resa insignificante per il futuro dell’umanità.
 
Questione di Dio e realismo della fede sono le due chiavi interpretative della proposta del cortile dei gentili, la prima di natura metafisica, la seconda di natura metodologica, perché la nuova realtà storico-dinamica sollecita una riflessione su Dio che va oltre il desiderio religioso naturale per entrare decisamente nella dimensione storica, che non solo apre alla pienezza dell’uomo ma anche alla verità più profonda del cristianesimo, quella cioè di essere una religione storico-dinamica e non a forma sacrale.
 
L’uomo contemporaneo, che desidera essere pienamente nella modernità, cerca questa religione, ossia il Dio vivo e vero e non un dio generico e astratto.
Ad un attento esame del famoso discorso del 21 dicembre 2009, così come il discorso video trasmesso il 26 marzo 2011, non è difficile cogliere la vera origine della proposta di Benedetto XVI: “Dobbiamo preoccuparci che l’uomo non accantoni la questione di Dio come questione essenziale della sua esistenza”.
Senza questa consapevolezza, ossia senza la scoperta sia teologica sia filosofica di una nuova questione di Dio, il cortile dei gentili è una interessante esperienza culturale veterotestamentaria, che lascia la religione o le religioni in balia delle prassi storiche antirealistiche le quali cercano morbosamente il religioso per rilanciarsi.
 
La proposta del cortile, al contrario, è l’annuncio che è possibile incontrare nella storia il Dio vivo e vero e che è giunto il momento in cui tutti gli uomini possono liberarsi dal fardello delle precomprensioni o dei pregiudizi religiosi e culturali e nello stesso, senza rinunciare alla loro libertà di pensiero e di ricerca, possono scoprire che nella modernità, intesa in senso realistico e non idealistico, è nascosta la vera rivincita di Dio, ossia il tempo in cui l’uomo può scoprire e rivendicare i tre pilastri della sua esistenza storica: l’identità, la stabilità e l’eternità. E ciò è possibile perché non ci sono solo gli dèi, ma c’è il Dio vivo e vero. E, per ironia della sorte, liberando l’uomo dagli dèi non sorge il nulla o l’ateismo, ma il vero Dio e la vera fede. È davvero in gioco l’onestà intellettuale e morale di tutti gli uomini. Solo il Dio vivo e vero non ha paura dell’onesta intellettuale, anzi la sostiene e la protegge, perché è l’Amore-logos.
 
È una proposta esigente: a tutti gli uomini di buona volontà l’invito ad entrare nel cortile dei gentili, non necessariamente in quelli ufficiali, ma anche in quelli occasionali che il Dio vivo e vero non farà mancare, perché è finito il tempo dell’astrazione ed è iniziato il tempo del concreto storico, dove l’uomo è chiamato a decidere se camminare verso la vita o la morte. La proposta del cortile dei gentili è l’annuncio che l’uomo non è solo in questo cammino e che la ricerca non sarà vana.
Il cortile proposto da Benedetto XVI è allora davvero “nuovo” e merita l’attenzione e il sostegno di tutti, credenti e no: insieme sarà possibile promuovere un nuovo dialogo tra fede e ragione, tra secolarità e sacralità, senza alcuna invadenza di campo, ma uniti nella costruzione della civiltà dell’amore.
 
(Tratto da Formiche, maggio 2011)

Un luogo per non essere soli

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