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Se il pensiero è prova di esistenza, allora la nostra fisicità è attraversata da un flusso costante di idee e modelli di causalità rafforzati o indeboliti da processi cognitivi. Le nostre percezioni e le opinioni che formuliamo di conseguenza, spesso enigmatiche per noi stessi, diventano palesi per il sistema di modelli sul quale creiamo le istituzioni e sul quale queste basano le loro politiche. Con la loro aggregazione, le singole opinioni diventano quantità anonime ed entrano a far parte di modelli analitici e decisionali. Un minimo aumento dell’indice di fiducia dei consumatori, specialmente in questo periodo, diventa un segnale per gli imprenditori che decidono di investire e di non licenziare e contribuisce a migliorare le aspettative sulla crescita macroeconomica e le condizioni alle quali finanziare i crescenti debiti pubblici. Le istituzioni che rappresentano comunità, dal condominio fino alle Nazioni Unite passando per l’Ue, nascono con obiettivi di interesse comune. Se un membro di una comunità non si sente garantito dall’obiettivo dichiarato o dall’efficacia di una istituzione può cercare di esprimere la sua voce (in occasione delle elezioni degli organi di governo, di referendum, di riunioni) oppure cambiare appartamento, città, regione o Paese (poche alternative per chi non è soddisfatto dell’Onu). Ma la mobilità delle persone è inferiore rispetto a quella del capitale e delle merci, soprattutto in una Ue ancora frammentata da barriere culturali. Bene fanno quindi le istituzioni dell’Ue a cercare di capire cosa pensa la gente.
 
Gli obiettivi statutari si declinano necessariamente in politiche e interventi con una frequenza superiore rispetto al ciclo dettato dall’usuale democrazia rappresentativa o dalla facilità di indire referendum. Un disallineamento temporale che può generare uno scollamento sostanziale tra volontà della gente e azioni delle istituzioni competenti. Più sono aumentati i suoi poteri nel corso dei Trattati, più i cittadini europei hanno vissuto una deriva degli Stati e delle regioni con una forza centrifuga che allontana da Bruxelles. Per questo motivo da quasi trent’anni la Commissione – l’istituzione meno democratica dell’Ue – registra le nostre opinioni per la sua attività istituzionale (preparazione delle proposte e valutazione delle politiche). Siamo alla 73sima edizione dei sondaggi standard di Eurobarometro, quelli condotti due volte all’anno con domande sui principali temi di politica europea e sulle tematiche di volta in volta più di attualità. Per esempio nelle ultime edizioni, ai soliti quesiti sono state aggiunte domande specifiche sulla crisi finanziaria ed economica mondiale, sulla sicurezza sociale e sulla globalizzazione. Il campione dell’ultima edizione, pubblicata lo scorso agosto, ha intervistato 26.641 cittadini dell’Ue (1.028 gli italiani). Ci sono poi le edizioni speciali che entrano nel dettaglio di alcuni argomenti. Abbiamo così scoperto che, rispetto alla media europea, siamo più propensi al lavoro indipendente e ben il 66% è favorevole alla ricerca sulle cellule staminali embrionali.
 
Non poco imbarazzo diplomatico si è sollevato quando nel 2003 Eurobarometro ha dichiarato che per i cittadini dell’Ue Israele è il maggiore ostacolo alla stabilità del pianeta, seguito da Iran, Corea del Nord e Stati Uniti; questi ultimi tre, a pari merito. Nel 2007 poi la Commissione aveva dichiarato che l’80% degli europei supportava il sistema di navigazione satellitare europeo, Galileo, e che il 63% era d’accordo di spendere altri 2,4 miliardi di euro pubblici per completare il sistema. Peccato che soltanto il 40% degli intervistati conoscesse il programma Galileo prima dell’intervista stessa. Nonostante i limiti del cristallizzare l’opinione degli individui in un “sì, no, non lo so”, la lunga serie storica di Eurobarometro ci permette alcune conclusioni. Nel grafico riportiamo le questioni che gli europei ritengono stiano interessando maggiormente il proprio Paese. L’economia (la media di: situazione economica, disoccupazione, inflazione e tasse) è sempre superiore alle altre questioni soprattutto dopo la crisi scoppiata nel 2008. L’immigrazione, la sicurezza (criminalità, terrorismo e difesa/affari esteri) sono decrescenti. Stabili invece le questioni legate al welfare attuale (sistema sanitario e pensioni) e futuro (sistema scolastico, alloggi, energia e ambiente). A fronte di una omogeneità nel trend, è interessante segnalare la rilevante attenzione dei cittadini alle questioni di breve periodo. Per affrontare le questioni legate al benessere futuro è quindi confermata la necessità di una coraggiosa leadership politica europea.

Ue/ C'è chi è disposto ad ascoltarci

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Inchiostri di ottobre

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Sono passati vent’anni dal giorno in cui Saddam Hussein, allora incontrastato padrone dell’Iraq, invase il Kuwait. Ciò che seguì fu la prima grande crisi internazionale dopo la Guerra fredda, una crisi che, in meno di un anno, portò alla liberazione del Kuwait e alla ricostruzione del suo governo. Questa operazione fu portata a compimento solo a costi economici ed umani…

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