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Qualche travagliato giornalista, da sempre impegnato nel caravanserraglio dei puri e duri, ha accolto con i prevedibili stanchi pregiudizi l’avvenuta ricostituzione degli organi della Democrazia Cristiana .
Dopo il consiglio nazionale del 30 marzo scorso si è riunita il 27 aprile la Direzione nazionale della DC sulla base di un’ampia e condivisa relazione del segretario politico, Gianni Fontana, cui è seguita un’appassionata discussione che ha visto la partecipazione di tutti i componenti della direzione stessa.
 
Se quel travagliato censore avesse partecipato, avrebbe potuto accertare di persona quali fossero e sono le motivazioni che ci hanno portato alle scelte compiute dopo la sentenza inappellabile della Cassazione che ha sancito non essere mai stata chiusa giuridicamente la Democrazia Cristiana.
Tutti noi, “democristiani non pentiti” e tuttora consiglieri nazionali legittimamente in carica ed eletti nell’ultimo congresso del partito (1989) abbiamo ben chiare le ragioni che determinarono la fine politica della Democrazia Cristiana.
 
In alcuni saggi scritti negli scorsi anni ( “ L’Italia divisa e il centro che verrà”, “ Dalla fine della DC alla svolta bipolare”, “ ALEF: Un futuro da liberi e forti”) avevo sintetizzato così quelle ragioni:
la DC è finita per aver raggiunto il suo scopo sociale: la fine dei totalitarismi di destra e di sinistra contro cui si era battuto il movimento dei cattolici in un secolo di storia;
 
la DC è finita per il venir meno di molte delle ragioni ideali che ne avevano determinato l’origine, sopraffatta dai particolarismi egoistici di alcuni che, con i loro deteriori comportamenti, hanno coinvolto nel baratro un’intera esperienza politica;
 
la DC è finita per il combinato disposto mediatico giudiziario che l’ha travolta insieme agli altri partiti democratici e di governo della Prima Repubblica;
 
la DC è finita quando sciaguratamente scelse la strada del maggioritario, per l’iniziativa improvvida di Mariotto Segni, auspice De Mita in odio a Craxi e Forlani, abbandonando il tradizionale sistema proporzionale che le garantiva il ruolo centrale dello schieramento politico italiano.
 
E, soprattutto, ed è la cosa più grave e incomprensibile, la DC è finita senza combattere. Con una parte, quella anticomunista, messa alla gogna giudiziaria, e quella di sinistra demitiana succube e imbelle alla mercé dei ricatti della sinistra giustizialista.
 
E concludevo affermando che “la DC è finita e nessuno sarà più in grado di rifondarla”, consapevole che la nostalgia, nobile sentimento romantico, ma regressivo sul piano politico, culturale ed esistenziale, può rappresentare un fattore servente, forse necessario, ma, certo, non sufficiente per ricostruire alcunché.
Abbiamo scelto di riaprire un nuovo capitolo nella storia dei cattolici nella politica italiana, non per ambizione personale, poiché, come diceva Voltaire, siamo ben consapevoli che alla nostra età “ non possiamo che offrire dei buoni consigli, dato che non siamo nemmeno più in grado di dare dei cattivi esempi”, quanto per consegnare alle nuove generazioni il testimone di una storia politica che ha segnato una fase importante della nostra amata Repubblica.
 
Vorrei anche assicurare qualche critico osservatore sempre pronto a tranciare giudizi su tutto e su tutti che, accanto alle ragioni suddette, sappiamo anche. come alla fine della DC concorsero e per gravi nostre colpe e inadempienze:
la mancanza di una vera trasmissione della fede e dei valori nel costruire la città dell´uomo ( scarsa applicazione laica della Dottrina sociale della Chiesa);
la mancanza di sostegno forte alla famiglia specie a quelle con più figli;
la mancanza di riconoscimento sociale alle casalinghe;
la mancanza di formazione dei giovani nella fede religiosa, nella passione e fede politica;
la quiescenza nei confronti della criminalità´ organizzata;
la tiepida lotta alla corruzione dei politici e dei burocrati, nella quale concorsero, ahimè, anche molti amici del nostro partito;
la tiepida lotta all´evasione fiscale;
la scarsa cultura per la responsabilità, per la meritocrazia e le difficoltà nel ricambio del ceto politico;
l’ eccesso di sprechi per creazione di enti inutili;
il cumulo esagerato nel cumulo di incarichi pubblichi ;
la poca attenzione a sostenere programmi per la ricerca e l´innovazione, ma solo finanziamenti a pioggia per progetti talora fasulli e opere mai completate;
i pochi o nessun investimento su risorse della PA da mandare all´UE;
lo scarso utilizzo dei fondi europei senza follow up sui finanziamenti ottenuti dai progetti italiani;
gli enormi investimenti senza controllo nella Cassa del Mezzogiorno;
l’ eccesso di appiattimento nell’ accettare e condividere le richieste dei comunisti con gravi oneri per le finanza pubbliche.
 
Insomma abbiamo consapevolezza delle nostre colpe, dei nostri errori e dei nostri limiti e, non a caso, dopo quell’esperienza è arrivata la diaspora e la frantumazione dei democratici cristiani nelle piccole formazioni a diverso titolo ispirate alla Democrazia Cristiana.
 
E dopo cosa è avvenuto al tempo del nuovismo trionfante e della seconda repubblica? E, soprattutto, che fine hanno fatto quelli che sulle ceneri della prima Repubblica hanno cercato di porsi come gli homini novis della scena politica italiana?
 
La realtà è tutta davanti a noi con il governo dei tecnici, espressione della sospensione della democrazia nel nostro Paese e del fallimento dei partiti di maggioranza e di opposizione, tutti alla ricerca di nuovi assetti e di nuove formule, mentre impazza la popolarità dei guitti, dei comici e dei masanielli del mercato napoletano o genovese.
 
Una sentenza della Cassazione inappellabile ha sancito che la DC non è mai morta, almeno dal punto di vista giuridico. E’ nostro preciso dovere e impegno ridare agli iscritti, unici legittimi depositari della volontà del partito, il compito di decidere del loro destino.
 
In una fase nuova e diversa di quella che i nostri padri seppero affrontare concorrendo alla formazione del patto costituzionale del 1948, ad una società che sta vivendo una delle crisi più gravi e globali mai conosciute prime, riteniamo opportuno riproporre i principi e i valori della dottrina sociale cristiana declinati dalla Caritas in veritate, e concorrere con tutti gli uomini di buona volontà alla costruzione di un nuovo patto all’altezza della situazione attuale italiana e internazionale che reclama una forte discontinuità politico e istituzionale.
 
Lo faremo insieme agli amici dell’Internazionale democristiana, di cui la DC fu ed è socio fondatore, e del PPE, ponendoci innanzi tutto l’obiettivo di ricostruire l’unità fra tutti i democratici cristiani italiani disponibili a compiere insieme a tutti noi questa difficile, ma entusiasmante avventura, al fine di consegnare il testimone ad una nuova generazione di politici, non per l’anacronistica nostalgia di un passato, ma per ritrovare insieme le ragioni di una nuova speranza.

Perché tornare all’impegno con e nella DC

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