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Un Paese, l’Italia, liberalizzato a metà, precisamente al 52%. Ce lo rivela uno studio dell’Istituto Bruno Leoni che ha ‘misurato’ l’Indice di liberalizzazione in otto settori fondamentali della nostra economia e che sarà presentato oggi, a Milano, nell’ambito del convegno “Liberalizzazioni. Cosa resta da fare?”. Premessa dello studio IBL è che, presi insieme, gli 8 settori analizzati – elettricità, gas, tlc, trasporti aerei, ferrovie, mercato del lavoro e professioni – siano considerati rappresentativi dell’economia italiana e, quindi, che sia possibile – calcolando la media tra i risultati di settore – comporre un indice di liberalizzazione dell’economia italiana in quanto tale.

“Per ciascun settore”, spiega Carlo Stagnaro direttore Energia e ambiente dell’IBL, “abbiamo scelto di misurare il grado di liberalizzazione rispetto al Paese europeo dove vigono le best practices, vale a dire, quello che si segnala come il paese più avanzato, in quel settore. I risultati, settore per settore, non possono non essere letti, quindi, accanto al Paese rispetto a cui il nostro è stato ‘misurato’: Elettricità – UK – 72%; Gas – UK – 8%; Telecomunicazioni – UK – 40; Ferrovie – UK-Svezia – 49%; Trasporti aerei – Irlanda – 66%; Poste – Svezia – 38%; Mercato del lavoro – UK – 50%.Infine: Italia – meglio d’Europa – 52% che, in buona sostanza, vuol dire che per dedurre l’Indice di liberalizzazione della nostra economia, lo studio ha confrontato l’Italia con un paese che non esiste, ma che è il collage dei migliori “pezzi” d’Europa, e che, quindi, è una sorta di “Europa ideale”.

La maggior parte dei settori stanno tra il 40 e il 60% – solo le poste sono sotto il 40% – a significare che il processo di liberalizzazione è cominciato ma che è ancora ben lontano dalla conclusione. Questo significa anche che il nostro Paese ha pagato molti dei costi, anche politici, delle liberalizzazioni, ma che non è, ancora, nella condizione di godere dei benefici. Gran Bretagna, Svezia e Irlanda risultano i pezzi migliori del collage Europa.Non solo. L’approccio adottato è quello alla ‘Chicago’: questo vuol dire che il concetto di liberalizzazione è inteso esclusivamente nell’accezione di ‘entrata sul mercato’, mentre lo studio non ha preso in considerazione la performance e l’efficienza di mercato.Solo due settori – elettricità e trasporti aerei – superano la soglia psicologica del 60% e lo fanno per ragioni opposte. “Nel caso dell’elettricità”, spiega Stagnaro”, “l’Italia ha fatto molto più di quanto fosse richiesto ed è oggi uno dei mercati più liberalizzati in Europa. Nel caso degli aerei, il risultato dipende sostanzialmente dal fatto che il settore è regolato da direttive europee”.

Lo studio suggerisce che non esiste un unico modo di liberalizzare, ma che le specificità settoriali e le congiunture economico-politiche possono avere una grande importanza. In ogni caso, dimostra anche che parlare di liberalizzazioni non significa avere un approccio ideologico, ma parlare di cose che esistono – e funzionano – in qualche parte d’Europa.

L’Italia libera al 52%, ma in un’Europa ‘ideale’

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