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“Se pensassimo a tutte le fortune che abbiamo avuto senza meritarle, non oseremmo lamentarci”. Queste parole di Jules Renard dovrebbero essere la cifra dello spirito e dello stile personale con cui affrontare la quotidianità. Dell’esperienza politica, umana e intellettuale del Presidente Oscar Luigi Scalfaro si è detto e scritto molto, talune volte con cognizione di causa tal’altre in maniera inopportuna. Sento il dover, pur consapevole di correre il rischio della retorica o della banalità,  di far memoria di quel dono di vita vissuta (di “laboriosità, di onestà, di sacrificio, di fede nei valori essenziali”) ricevuto dal Presidente, durante una conferenza da me organizzata in Luiss, ormai più di cinque anni fa. In quell’occasione, dopo aver ri-costruito l’età (e il processo) Costituente, alle centinaia di giovani presenti (più di quattrocento) furono poste, in sede di conclusioni, le seguenti provocazioni, di straordinaria attualità ancora oggi:

“Cosa si fa per questo Stato, che riconosce dignità e diritti alla persona? Si dice che il cittadino più attento paga le tasse, che non è poco, e vota quando è chiamato a votare. Quello che vota merita sempre più stima di quello che non va a votare. Lo sforzo è che ognuno possa votare consapevolmente. Pensate che sia sufficiente come partecipazione ad una comunità, lo Stato, senza cui non si può vivere, il limitarsi al rispetto dei doveri scritti, come pagare le tasse e votare?  Anche il barbone non ha rinunziato totalmente alla comunità, altrimenti non avrebbe nemmeno il sacco dove si infila dentro per dormire. Senza la comunità si è destinati ad esseri distrutti, ma allora, di nuovo: votando e pagando le tasse, si è a posto, ci si è messi in pari? Non credo.  Della personale intelligenza, volontà, capacità di sacrificio e della propria capacità di amore cosa si mette sui piatti della bilancia del rapporto Stato – cittadino? In altri termini cosa si offre alla comunità?  È inutile lamentarsi quando la politica è come oggi. È innegabile che io sia un uomo schierato politicamente, ma schierato in modo libero, per cui devo dire che questa politica fa largamente compassione. Sono solito dire che sia diritto prendere un bel calice di cristallo, quando c’è un bel pavimento di marmo e, mentre si sta per brindare, allargare le dita; si ha diritto, del resto sono mie le mani, ma non ho diritto di meravigliarmi quando il calice si infrange per terra. È sufficiente, allora? Questo è l’interrogativo che rimetto a voi”.

Ancora grazie Presidente.

 

Ps: da quell’incontro nacque un carteggio, di cui conserverò sempre copia, se non altro perché ero pur sempre un anonimo ventunenne. “Per quanto le mie parole possano aver fatto in voi, e tutto e solo onnipotenza di Dio”, così concludeva una di queste Oscar Luigi Scalfaro.

"Su che cosa invecchia e muore presto": la gratitudine

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