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La Repubblica Popolare Cinese sta perseguendo l’obiettivo di normalizzare l’intensità delle proprie attività militari al livello successivo alla visita di Nancy Pelosi a Taiwan, lo scorso agosto. Così si è espresso un funzionario della Difesa statunitense poco prima dell’uscita del report China Military Power, pubblicato dal Pentagono.

“Quello che vediamo è che la Repubblica Popolare Cinese sta stabilendo una sorta di nuova normalità in termini di livello di attività militare intorno a Taiwan”, ha affermato il militare. In seguito alla visita della speaker della Camera a Taipei, l’Esercito di Liberazione Popolare (Pla) aveva messo in atto una serie di imponenti esercitazioni, con lanci di missili e operazioni navali.

“Da allora abbiamo visto che non è sceso al livello a cui eravamo abituati prima della sua visita. È più basso rispetto al periodo immediatamente successivo alla sua visita, ovviamente, ma abbiamo visto che stanno cercando di stabilire una nuova normalità”.

Il funzionario si riferisce, ad esempio, al fatto che gli sconfinamenti nello spazio aereo e marittimo di Taiwan avvenivano in passato solo quando Pechino voleva mandare messaggi politici a Taipei o a Washington, mentre oggi sono quasi quotidiani.

Sono circa due anni che il comandante dell’Indo-Pacific Command suggerisce che Pechino si stia preparando a invadere Taiwan per il 2027. A sostegno di questa tesi vi sarebbero i rilievi pubblicati oggi dal Pentagono. Secondo il documento, il Partito Comunista Cinese (Pcc) starebbe attivamente promuovendo un rapido sviluppo delle capacità del Pla su ogni dominio e anche un potenziamento del suo “sistema di deterrenza strategica”.

Secondo la Difesa statunitense, la direzione è quella di sviluppare un approccio strategico molto simile a quello di Washington, ovvero un comando e controllo congiunto a tutti i domini, con sistemi e capacità interconnesse per aria, mare, terra, spazio e cyberspazio, che condividano rapidamente i dati per operazioni rapide e devastanti.

Tuttavia, si legge nel rapporto, se il Pla ha raggiunto un buon livello rispetto alla base di partenza, è ancora piuttosto lontano dalla capacità di condurre operazioni congiunte al di fuori della first islands chain, la linea ideale identificata dagli Usa come prima catena di contenimento della Rpc che passa dalle isole Curili alla punta settentrionale delle Filippine.

C’è poi la questione tecnologica, ovvero dell’export di tecnologia dagli Usa verso la Cina e delle capacità autonome di quest’ultima. La strategia cinese è quella di far cooperare i settori civile e militare per sfruttare al meglio le capacità dual use. L’amministrazione Biden ha fatto grandi progressi in questo senso, riuscendo a sviluppare strumenti che vanno nella direzione di un reshoring delle capacità produttive di microprocessori e microchip e nell’impedire che gli Usa stessi siano gli artefici del progresso cinese, come il Chips Act.

Altro fattore analizzato dal Pentagono è quello delle capacità nucleari del Pla. Secondo le stime statunitensi, Pechino potrebbe arrivare a detenere circa 1500 testate atomiche entro il 2035, ovvero più del triplo di quelle attuali. Per dovere di cronaca, sarebbero molte meno di quante ne possiedano Washington (3700) o Mosca (4500), ma il trend è ciò che conta. Ovvero, la Cina ha fortemente accelerato la produzione di armi nucleari e, secondo i funzionari statunitensi, questo aumento potrebbe preludere a un cambiamento delle politiche cinesi in quest’ambito.

Ad oggi Pechino possiede una “no first use policy”, cioè non prevede nella sua dottrina nucleare di poter colpire per primi. Ma le cose possono cambiare. Un funzionario del Pentagono ha affermato: “Ciò che stiamo osservando solleva alcune domande, credo, sulle loro intenzioni. Non hanno formalmente cambiato la loro politica o la loro strategia, ma hanno un programma in corso che darà loro una serie di capacità che potenzialmente permetterebbero di prendere in considerazione scelte politiche o strategiche diverse”.

Insomma, la Repubblica Popolare sta affilando i coltelli per la lotta per la supremazia globale in questo secolo. Nonostante siano ancora lontani dall’essere i numeri uno, i progressi ottenuti sono impressionanti.

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