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Il neo-ministro della Difesa tedesco, Boris Pistorius, ha incontrato oggi a Berlino il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, in un incontro che avviene a soli quattro giorni di distanza dal summit Nato a Ramstein di venerdì. Stoltenberg ha elogiato il contributo della Germania alla deterrenza e alla difesa dell’Alleanza e ricordato che la Repubblica Federale è tra i Paesi che forniscono il maggior numero di aiuti militari e finanziari all’Ucraina.

In merito alla questione dei carri armati tedeschi ha riferito che “le consultazioni tra gli alleati continueranno” e si è detto “fiducioso che avremo presto una soluzione”. Da parte sua, Pistorius ha detto che “gli alleati possono cominciare ad addestrare le forze armate ucraine all’uso dei carri”. A essere sinceri il ministro tedesco ha preceduto la domanda dei giornalisti durante la conferenza stampa affermando che “non c’è nessuna novità” a riguardo. Dunque un nulla di fatto? Forse. Sicuramente sono state deluse le aspettative di chi riteneva che l’incontro potesse sancire uno sblocco dall’impasse, dopo i mancati passi avanti della scorsa riunione dell’Ukraine Defense Contact Group.

Domenica la ministra degli Esteri tedesca, Annalena Baerbock, aveva annunciato che la Germania non si sarebbe opposta alla consegna di carri Leopard 2 a Kiev da parte polacca, specificando però che sarebbe stata necessaria una richiesta esplicita. Questa è arrivata nella giornata di lunedì. Il governo di Mateusz Morawiecki non solo ha affermato di voler inviare main battle tanks in Ucraina, ma anche che il consenso di Berlino è di “secondaria importanza”. Varsavia sarebbe pronta a inviare 14 Leopard. Oggi Morawiecki ha annunciato in conferenza stampa che la Polonia chiederà il rimborso all’Unione europea per l’invio dei carri come “gesto di buona volontà”.

“Anche se non ottenessimo questa approvazione (…) trasferiremmo comunque i nostri carri armati insieme ad altri in Ucraina”, ha proseguito Morawiecki, specificando che l’obiettivo polacco è di creare “almeno una piccola coalizione di Paesi” che possano partecipare alla consegna. Attualmente circa una dozzina di Paesi detengono carri armati Leopard 2 nei propri arsenali, tra cui ad esempio la Spagna, che già aveva caldeggiato l’idea di inviarne alcuni, oltre a Grecia, Polonia, Svezia e Finlandia.

La Rheinmetall, la maggiore industria tedesca della difesa, ha annunciato di poter fornire all’Ucraina 139 carri Leopard di tipo 1 e 2. Un portavoce dell’azienda ha precisato si potrebbe consegnare la prima tranche entro aprile/maggio ed altri dello stesso modello alla fine del 2023 o inizio 2024. Volodymyr Zelensky aveva fatto sapere che le circostanze ne richiedono almeno 300. Gli esperti dell’European Council on Foreign Relations avevano spiegato su queste colonne i motivi per cui Kiev ha così bisogno di questo tipo di armamento.

Intervistato venerdì da Formiche.net, il generale statunitense in pensione Gordon Davis aveva spiegato come la Germania stia “entrando in una situazione senza precedenti, dopo decenni di cultura e politiche contro l’invio di armi letali per un conflitto in corso e fuori la Nato”. E ha conluso: “È per questo che il governo tedesco sta cercando appigli per convincere tutti i partititi della coalizione e anche dell’opposizione, per mostrare alla popolazione di aver ponderato bene certe decisioni senza precedenti”.

In conclusione, le cautele tedesche irritano baltici e polacchi. Se questi riuscissero a mettere effettivamente in piedi una coalizione per la consegna dei Leopard sarebbe impossibile per Berlino resistere. Anche viste le dichiarazioni di Pistorius, impegnato in ogni momento a esaltare l’unità del fronte che sostiene l’Ucraina.

Il vertice Stoltenberg-Pistorius non sblocca i Leopard. La Polonia va da sola

Il summit a Berlino ha ricordato che la Germania è un Paese chiave dell’Alleanza, ma non ha portato a passi in avanti sull’annosa questione dei carri armati da consegnare a Kiev. Varsavia perde la pazienza e cerca una coalizione internazionale per proseguire con l’invio anche senza l’avallo di Berlino. Le indecisioni tedesche e le richieste ucraine

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