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Forse a Berna si aspettavano un’accoglienza diversa. Invece no, niente abbracci e pacche sulle spalle. Il salvataggio del Credit Suisse, la seconda banca svizzera finita a un passo dal burrone dopo anni di conti spericolati, per mano di Ubs (a sua volta graziata dal governo elvetico, 15 anni fa) ma con una solida regia politica, non ha convinto i mercati. Non fino ad ora almeno. E così, l’operazione che vale 3 miliardi di franchi svizzeri, ma con nove messi in conto dallo stesso governo e dalla banca centrale per fronteggiare eventuali perdite, non placa il nervosismo dei listini.

I quali, sarebbe bene ricordarlo, arrivano da una settimana a dir poco horror. Prima la bomba della Silicon Valley Bank, esplosa in California sotto il peso della nuova politica monetaria della Fed, condita da una buona dose di isteria social. Poi, il turno della First Republic e infine il bubbone del Credit Suisse. Tre crisi bancarie in una settimana, non è poco per risparmiatori e investitori, ovvero il carburante di ogni piazza finanziaria che si rispetti. Detto questo, il blitz di Ubs sull’istituto di Zurigo non piace nemmeno un po’.

Sì, perché messa in sicurezza Credit Suisse, i titoli delle due banche svizzere sono in perdita, di quelle pesanti: La prima è letteralmente sprofondata del 64% (poi recuperando 4 punti percentuali a metà mattinata e ancora nel pomeriggio a -56%), penalizzata forse dalla valutazione di 3 miliardi di franchi assegnatale nell’ambito dell’operazione. Ma anche Ubs, i cui azionisti non potranno bocciare l’intesa, a quasi un’ora dall’apertura dei mercati a Zurigo cedeva oltre il 13% a 14,79 franchi per azione, per poi portarsi a -7% e infine strappare al rialzo al +1,7%.

Alcune delle ragioni vanno ricercate proprio tra le pieghe del piano messo a punto da Berna per salvare il Credit Suisse. Il cui salvataggio prevede per esempio, l’azzeramento dei titolari di bond At1 e l’esautoramento degli azionisti di Ubs che non potranno bocciare l’intesa. Questo spaventa i mercati, con gli investitori preoccupati per nuove crisi nel comparto bancario. In poche parole, il deal polverizza il valore di bond subordinati (A1) per 16 miliardi di euro, prima ancora di spazzare via tutto il capitale degli azionisti come sarebbe stato normale.

Difficile, in questo modo, scacciare il pensiero che per delicate ragioni geopolitiche si siano voluti preservare, almeno in parte, i primi due azionisti della banca: la Banca nazionale saudita e il fondo sovrano del Qatar. Si è creato così il precedente per cui gli obbligazionisti subordinati potrebbero essere meno protetti degli azionisti. C’è da chiedersi a questo punto, se basteranno le rassicurazioni arrivate a Borse aperte da parte delle principali autorità europee in materia di banche: l’Eba e la Bce.

Per le quali “il settore bancario europeo “è resiliente, con robusti livelli patrimoniali e di liquidità”. Secondo la vigilanza bancaria e l’autorità per gli istituti, “l’ampia gamma di misure decise dal governo della Svizzera per assicurare la stabilità finanziaria, vanno accolte positivamente”. Le autorità dell’Ue ricordano inoltre che le nuove regole stabilite dopo la crisi finanziaria del 2007-2009 definiscono l’ordine con cui azionisti e creditori di una banca in dissesto sono chiamati a contribuire alle perdite.

Discorso che si riallaccia proprio al timore degli obbligazionisti.  “In particolare gli strumenti di Common equity sono i primi ad assorbire le perdite e solo successivamente, dopo il pieno uso di Tier1 one sono richieste svalutazioni. Questo approccio è stato coerentemente applicato in passato e continuerà a guidare le azioni della vigilanza Bce su interventi di crisi”.

Obbligazioni contro azioni. I mercati reagiscono male a Ubs/Credit Suisse

Il salvataggio della seconda banca svizzera, per mano del principale istituto elvetico ma con una solida regia di Stato, getta nel panico i titolari di bond che temono una disparità di trattamento rispetto agli azionisti. E così il titolo del Credit Suisse arriva a perdere il 60% del capitale in poche ore

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