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La tensione mai sopita nel versante balcanico a cavallo tra Serbia e Kosovo, sommata alla postura del governo Meloni in politica estera, offre lo spunto per analizzare quali potranno essere i prossimi passi dell’esecutivo nella direzione di un’azione armonica ed efficace.

La visita dei ministri Antonio Tajani e Guido Crosetto a Belgrado e Pristina ha avuto proprio questo indirizzo: sottolineare la valenza, tutt’altro che di facciata, dei nostri militari presenti sul territorio, che testimoniano come l’Italia voglia giocarsi un ruolo più ampio nei processi di regolazione dei conflitti, d pacificazione, di costruzione di scenari all’interno del continente europeo, soprattutto per una vocazione che storicamente le consente di interfacciarsi con tutte le realtà presenti in loco, senza riserve di carattere religioso o politico.

Il nostro Paese ha tutte le carte in regola per candidarsi a essere mediatore delle tensioni serbo-kosovare e provare a mettere in pratica iniziative concrete. Il solo fatto che due dei nostri ministri più rappresentativi siano stati presenti lì proprio dove le tensioni non sono ancora dome ma anzi paiono riacutizzarsi, significa che c’è richiesta di un impegno italiano. E lo sforzo del governo italiano vedrà impiegare tutte le possibili risorse per offrire non solo una possibile via di fuga alla crisi serbo-kosovara, ma anche una visione complessiva di ciò che l’intera area balcanica potrà essere.

L’Italia vuole essere protagonista di pace anche nei Balcani Occidentali, ha osservato il ministro Tajani, sia con riferimento a quel peculiare pezzo d’Europa, sia più in generale all’impegno sul versante mediterraneo dove ha proposto un piano Marshall da 100 miliardi.

Da sempre peraltro, anche per storica presenza, di comunità, cultura, lingua, opere e imprese, l’Italia guarda con attenzione oltre l’Adriatico.

Spesso dimentichiamo che l’Italia gode di una posizione geografica vantaggiosissima: è un molo naturale piazzato nel Mediterraneo che può guardare simmetricamente tanto a est quanto a ovest, quando non a nord o a sud.

Sfruttare al meglio questa caratteristica equivale a preservare “atlanticamente” un interesse nazionale del paese e riuscire a farlo in maniera intelligente e strutturata potrebbe essere mossa foriera anche di benefici nel medio-lungo periodo, metodo che non sempre è stato seguito in passato.

Il riferimento è ad un ruolo da pivot, che abbia come obiettivo principale, oltre a rafforzare la KFOR che garantisce un presidio strategico, quello di candidarsi ad una stagione da protagonista in una macro area interessata dall’allargamento a est e da nuove vicende geopolitiche legate ai super players esterni.

La vax diplomacy cinese vista durante lo scorso biennio proprio in quei Paesi non è stata certo dimenticata e deve essere un monito per il futuro.

(Foto: Ministero della Difesa)

Aleksandar Vučić

Così l'Italia può giocare da pivot nei Balcani. Scrive Menia

Di Roberto Menia

Oltre a rafforzare la Kfor, che garantisce un presidio strategico, il nostro Paese può candidarsi ad un ruolo di primo piano in una macro area interessata dall’allargamento a est e da nuove vicende geopolitiche legate ai super player esterni. L’intervento di Roberto Menia, senatore di FdI e vicepresidente Commissione Esteri/Difesa del Senato

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