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I cavi elettrici come nuova strategia di medio-lungo periodo per dare fiato alle politiche di “reti” fra aree complementari (in questo caso come Balcani e Caucaso), nella consapevolezza che la strada per una completa armonizzazione del dossier energetico si sta sviluppando con costanza e tramite nuove interrrelazioni tra players regionali. Il nuovo cavo sottomarino tra Azerbaijan, Romania, Georgia e Ungheria “segue” idealmente altre esperienze simili, come  l’Euroasia interconnector, quello italo tunisino di Terna e quello tra Inghilterra e Germania (senza dimenticare la partita dei data center).

Qui Azerbaijan

Quasi due miliardi e mezzo di dollari per più di mille chilometri e una capacità di 1.000 MW. Questi i numeri del nuovo cavo elettrico sottomarino tra Azerbaijan, Romania, Georgia e Ungheria per la trasmissione di energia da fonti rinnovabili. Il ruolo di Bucarest in questo senso è di vera e propria cerniera balcanica visto che in questo modo offre plasticamente alternative ai partner in Ue e fuori dall’Ue, come Moldavia e all’Ucraina. Secondo il presidente rumeno, Klaus Iohannis, il progetto per la trasmissione dell’energia elettrica attraverso il Mar Nero rientra negli accordi in materia di energia stipulati tra l’Ue, rappresentata dalla Commissione europea, e la Repubblica dell’Azerbaigian, costituendo al contempo un progetto faro per la Georgia come parte della strategia Eu Global Gateway.

Il nuovo cavo di trasmissione sottomarino sarà inoltre dotato di una connessione digitale che fornirà telecomunicazioni di alta qualità tra la Romania e la Georgia, ha aggiunto il Gse, ma più in generale la mossa dimostra quanto siano strategiche le policies dei cavi in tutta la dorsale balcanica che guarda al Caucaso, costituendo di fatto una nuova via di comunicazione tattica sulla stessa tratta del Tap.

Ruolo tattico

Appare di tutta evidenza come il ruolo azero, sia nella fase pre-Tap che post-Tap, sia di primaria rilevanza anche per le politiche di quei Paesi interessati all’allargamento a est dell’Ue e alla contemporanea invasività dei super player che hanno significative mire nel costone balcanico. Lo dimostra, una volta di più, l’intera strategia azera anche alla luce delle riserve accertate di gas naturale (1,3 trilioni di metri cubi), suscitando così l’interesse di altri soggetti a smarcarsi dal gas russo.

É il caso della Serbia che ha recentemente siglato un accordo di cooperazione energetica con l’Azerbaigian, al fine di connettersi al Corridoio meridionale del gas attraverso l’ interconnessione Grecia-Bulgaria (IGB). Dopo l’inaugurazione del gasdotto IGB ad ottobre 2022 il presidente serbo Aleksandar Vucic ha ospitato il presidente Ilham Aliyev a Belgrado proprio per cementare altre forme di cooperazione bilaterale. In quella circostanza è stato deciso di dare vita al Consiglio di partenariato strategico nel tentativo di rafforzare ulteriormente i legami bilaterali tra i due paesi, ma con uno sguardo rivolto al di là della macro area balcanica.

Piccole utility elettriche

In questo senso ai Balcani occorre rapidamente dotarsi di un quadro giuridico per le comunità energetiche impegnate sia nell’autoconsumo, che nella vendita dell’energia, come emerso dalla recente conferenza Citizen Energy Communities/Renewable Energy Communities che si è tenuta a Sarajevo, promossa dal Centro regionale per la transizione energetica sostenibile (Reset) della BiH e dalla Heinrich Böll Foundation. In sostanza la nuova frontiera delle comunità energetiche si ritrova nella consapevolezza di essere “piccole utility elettriche” che generano, immagazzinano, consumano, vendono e distribuiscono energia, ma si occupano anche di efficienza energetica e aiutano a ridurre la povertà energetica.

@FDepalo

Tutti pazzi per i cavi elettrici, così Balcani e Caucaso sono più vicini

La mossa dimostra quanto siano strategiche le policies europee dei cavi in tutta la dorsale balcanica che guarda al Caucaso, costituendo di fatto una nuova via di comunicazione tattica sulla stessa tratta del Tap

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