Skip to main content

In qualità di presidente della Federal Reserve, Jerome Powell, premia la prevedibilità, ed offre di solito agli investitori ampie indicazioni per prepararli ai cambiamenti di politica monetaria. Ma dagli spifferi che gli ultimi giorni giungono da Constitution Avenue, dove ha sede l’autorità monetaria americana, sono stati un vortice di eventi e, soprattutto, di supposizioni.

Prima di lunedì, praticamente si scommetteva che la Fed avrebbe aumentato i tassi di interesse di mezzo punto percentuale oggi mercoledì 15 giugno alla fine di una regolare riunione di fissazione dei tassi. Improvvisamente, il tavolo si è inclinato in una direzione più aggressiva: i mercati hanno ora scontato un aumento di tre quarti di punto. Questo aumento, che porterebbe i tassi in un intervallo compreso tra l’1,5% e l’1,75%, sarebbe il più grande aumento singolo dal 1994.

Il messaggio sarebbe chiaro: con un’inflazione che corre a più dell’8% su base annua, la Fed è determinata a portare i prezzi sotto controllo. La storia suggerisce che una rapida stretta monetaria spesso precede una recessione. Ma la Fed è convinta che l’inflazione galoppante sarebbe ancora peggiore. Stasera sapremo se questi sussurri hanno un seguito concreto. Il quale, a sua volta, avrebbe implicazioni per la Banca centrale europea (Bce) che non potrebbe reggere a lunga una differenza marcata del costo del denaro tra Stati Uniti ed unione monetaria europea.

Vorrebbe anche dire la fine di quella che viene chiamata, la Teoria Monetaria Moderna (nota soprattutto con l’acronimo inglese MMT, Modern Monetary Theory), che pochi economisti italiani hanno preso sul serio, ma di cui si è innamorato un geologo (figlio di un noto economista) il quale ha trovato un paio di cronisti che gli fanno da cassa di risonanza.

La MMT intende descrivere nel dettaglio le procedure e le conseguenze dell’utilizzo della moneta a corso legale emessa dallo Stato. La teoria prende le mosse dal cartalismo che fu presentato per la prima volta dall’economista tedesco Georg Friedrich Knapp nel 1895, con l’importante contributo di Alfred Mitchell-Innes. Il cartalismo influenzò negli anni trenta anche il Trattato sulla moneta dello stesso John Maynard Keynes che cita Knapp e il cartalismo nella pagina di apertura.

La MMT si basa sull’idea piuttosto semplice secondo cui esiste una relazione tra l’inflazione e le scelte di politica monetaria e fiscale del governo. La domanda aggregata, in quest’ottica, può essere fortemente influenzata dalle scelte del governo in termini di moneta, spesa pubblica e tassazione. Negli anni in cui l’inflazione appariva stabilmente bassa, i sostenitori invitano quindi i governi a disegnare politiche espansive, finanziate dalla creazione di moneta. Ma perché leva fiscale e leva monetaria siano perfettamente coordinate, occorre che il governo le controlli completamente, quindi la banca centrale non può essere indipendente ma legata alla politica. In pratica, è lo Stato che crea moneta e di conseguenza il denaro circolante è emesso direttamente dal governo, che non ha bisogno del gettito di tasse e imposte per avere valuta corrente. La tassazione servirebbe, in quest’ottica, soltanto ad attenuare una eventuale inflazione. La MMT poggia sull’ipotesi che lo Stato sia ritenuto il custode degli interessi comuni. Ma così si sopravvaluta lo Stato, come se non fosse influenzato anche da interessi di parte e a volte di breve periodo, e non si tiene conto del ruolo del mercato.

Liquidità monetaria e crescita, inoltre, non vanno necessariamente di pari passo. Senza dimenticare poi il problema del deficit da tenere sotto controllo. Se è vero che non tutti i deficit sono uguali e che se il deficit deriva dalla spesa per infrastrutture o istruzione può favorire un’accelerazione della crescita economica che ripaghi ampiamente gli esborsi, il deficit e il debito, tuttavia, possono provocare danni se derivano da spese improduttive. L’ultimo pezzo mancante, è che la MTT sembra pensata per un mondo in cui non ci si debba relazionare con l’estero, con i tassi di cambio e con le possibili svalutazioni della moneta. Un’ipotesi tutt’altro che reale.

Negli Usa, ha trovato tra i suoi sostenitori accademici come Bill Mitchell, Randall Wray e Stephanie Kelton, e gestori di fondi d’investimento come Warren Mosler. Ha influenzato, in certo qual modo le autorità monetarie quando si è trattato di uscire dalla crisi del 2008-2009 (quella originata dai mutui immobiliari) e di evitare, nel farlo, una recessione.

Un libro recente di Christoper Leonard– The Lords of Easy Money: how the Federal Reserve Broke the American Economy – uscito in febbraio e da marzo nella lista dei best sellers descrive puntualmente come la MTT, infiltratasi a Constitution Avenue – abbia inciso sulla politica monetaria americana, proprio negli anni in cui, a ragione della pandemia, Casa Bianca e Congresso largheggiavano in materia di sussidi e ristori, L’esito complessivo è la situazione di questi giorni: una manovra monetaria fortemente deflazionistica, anche in quanto il braccio fiscale è alle prese con le spese aggiuntive derivanti dagli aiuti all’Ucraina.

La Fed aumenta di nuovo i tassi. Fine della Modern monetary theory

Con un’inflazione che corre a più dell’8% su base annua, la Fed è determinata a portare i prezzi sotto controllo. La storia suggerisce che una rapida stretta monetaria spesso precede una recessione. Ma la Fed è convinta che l’inflazione galoppante sarebbe ancora peggiore… Il commento di Giuseppe Pennisi

Pechino intercetta gli alieni. I segnali misteriosi del super telescopio cinese

La Cina ha dichiarato che il suo gigantesco telescopio Sky Eye potrebbe aver rilevato segnali di civiltà aliene. Per quanto incredibile, la notizia arriva dal quotidiano ufficiale del ministero cinese della Scienza e della tecnologia Science and Technology Daily

Parlare con Putin e altre illusioni. Intervista a Dzurinda, ex premier slovacco

Intervista all’ex premier della Slovacchia e presidente del Martens Centre: ho parlato più volte con Putin, non ascolta nessuno e tantomeno i “realisti” europei (avvisate Salvini e Orban). A Draghi dico: con Zelensky sia onesto, porti un messaggio di speranza. Il papa sulla guerra? Wojtyla sulla Nato mi diceva altro

Crisi del gas, l’Ue rimedia alla dipendenza russa

Perché l’asse Ue-Israele sul gas dipende dall’Egitto

Di Gabriele Carrer ed Emanuele Rossi

Dopo le visite di Draghi e von der Leyen, ecco il memorandum a tre per portare gas dai giacimenti Tamar e Leviathan in Europa tramite il cosiddetto “gasdotto della pace”. Ma la crisi alimentare rappresenta una minaccia per la stabilità regionale

Sveglia Occidente, la Cina ha messo le mani sul triangolo del litio

Argentina, Cile e Bolivia hanno in pancia il 56% delle risorse mondiali per realizzare le batterie delle auto elettriche: abbastanza perché altri big player impediscano che si crei un monopolio di Pechino

Gli Accordi di Abramo avvicinano Israele ai suoi vicini. Parola di Wasserman

Lo ha spiegato il membro del Knesset, braccio destro del ministro della Difesa israeliano, Benny Gantz, e impegnata in prima linea nel successo degli Accordi di Abramo, in un’intervista nel suo ufficio di Gerusalemme a Formiche.net

Il bar Covid di Pechino e la corsa cinese contro il virus

A che punto è la pandemia in Cina e quanto costa la strategia dello zero Covid? Dopo le prime aperture, il governo stringe Pechino per contenere la diffusione del virus. Gli effetti sul prezzo del petrolio secondo l’Opec

 

Reputazione aziendale, come cambiano le priorità dopo guerra e pandemia

Di Davide Ippolito

La ripartenza post Covid e il conflitto Russo-Ucraino accendono i riflettori sui cambiamenti climatici. L’intervento di Davide Ippolito, ceo Zwan e Reputation Rating

Tutte le svolte della politica dopo la scossa delle amministrative. Il punto di D'Anna

Il fallimento dei referendum e i risultati delle amministrative hanno innescato tutta una serie di movimenti tellurici all’interno delle forze politiche in grado di imprimere, come evidenzia l’analisi di Gianfranco D’Anna, notevoli cambiamenti di scenari e prospettive

Lagarde ci ripensa, la Bce pronta a riaprire l'ombrello

Dopo giorni di rendimenti alle stelle, a Francoforte sembrano aver capito che alzare i tassi senza garantire una protezione in caso di eccessivo costo del debito non è un buon affare. E allora si corre ai ripari, alzando lo scudo e reinvestendo sui titoli pubblici

×

Iscriviti alla newsletter