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Per le banche russe il vento soffia sempre più contrario. E forte. A tre giorni dal vertice in Alaska che potrebbe aprire una breccia nel muro della guerra tra Russia e Ucraina, arrivano i primi numeri sull’avvitamento del sistema bancario russo. E non è una banca sperduta in qualche lontana provincia, bensì Vtb, il secondo istituto della Federazione. Giova sempre ricordare come i tassi al 20% imposti dalla Banca centrale russa per raffreddare un’inflazione surriscaldata dall’economia di guerra voluta dal Cremlino, tutta carri armati e munizioni, hanno reso i prestiti insostenibili per famiglie e imprese. Il che, ovviamente, impatta sui conti degli istituti.

Ed ecco che Vtb sta affrontando una crescente tensione finanziaria proprio a causa di un’impennata di inadempienze sui prestiti, compresi quelli emessi per finanziare la produzione militare. Numeri alla mano, il reddito netto da interessi dell’istituto di credito statale, ovvero la differenza tra i guadagni sui prestiti e gli interessi pagati sui depositi, è crollato del 49% nella prima metà dell’anno, attestandosi a 146,8 miliardi di rubli (1,9 miliardi di dollari), un calo insolitamente ripido per una banca delle sue dimensioni. E c’è di peggio. Secondo fonti di Bloomberg, i dirigenti senior segnalano privatamente che i dati ufficiali sottostimano la gravità del problema, indicando un portafoglio prestiti in condizioni ben peggiori di quanto suggeriscano i conti pubblici, diffusi ad arte da Mosca, che ne è azionista di controllo. La reale portata del danno, affermano le prime linee di Vtb, è oscurata.

Non è finita. Secondo il rapporto diffuso dalla banca sugli utili al 31 luglio, la quota di prestiti al dettaglio in ritardo, dunque in sofferenza, è aumentata di un terzo in sei mesi, dal 3,8% al 5,2%. Lo stesso vicepresidente Dmitry Pyanov ha avvertito che questa cifra potrebbe raggiungere il 6% entro la fine dell’anno. Anche i prestiti alle imprese in difficoltà sono in aumento: la percentuale di quelli ristrutturati è balzata dal 3,3% al 5,1% in un solo trimestre. E ancora, con 33 trilioni di rubli (413 miliardi di dollari) di asset e 8,2 trilioni (103 miliardi di dollari) di depositi delle famiglie, Vtb ha registrato una perdita record di 667 miliardi di rubli (8,4 miliardi di dollari) nel 2022, il primo anno della guerra in Ucraina.

D’altronde, non è certo un mistero, molte aziende non hanno più i ricavi necessari per onorare i propri debiti e contraggono nuovi prestiti solo per coprire gli interessi. Poche settimane fa, il ceo di Sberbank, prima banca russa, German Gref, ha definito la situazione una “tempesta perfetta” per l’economia, citando proprio gli elevati costi di indebitamento, con i default sono in aumento non solo tra le famiglie e le aziende, ma anche in settori un tempo considerati sicuri, tra cui l’edilizia, la produzione manifatturiera e persino il complesso militare-industriale russo. A Mosca si parlava, come raccontato da questa stessa testata, di salvataggi di Stato in arrivo. Forse ci siamo.

Ora anche le banche russe finiscono a tappeto. Il caso Vtb

Dopo settimane di oscuri presagi e previsioni nefaste, adesso l’incubo di un collasso delle principali banche nazionali si materializza. Vtb, secondo istituto della Federazione e controllato dal Cremlino, sconta i primi effetti delle insolvenze sui prestiti. E tra i banchieri scatta il panico

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